I programmi politici

Pasquale Almirante da La Sicilia del 30.3.2008

 

E' semplicemente scandaloso che sulla scuola si abbiano così differenti visoni e modalità per recuperala, dopo i risultati del rapporto Pisa, fra i partiti in lizza per il governo. Ma è altrettanto scandaloso che un dibattito serio e ampio fra gli schieramenti in campo non sia avvenuto, né che se ne sia finora parlato con serenità e rigore. E ciò appare tanto più grottesco in quanto tutti dicono che il futuro della Nazione dipende dalla istruzione e dalla sua capacità di rinnovare il mondo. Con ogni probabilità lo scontro sottaciuto, ma in lettura fra le righe, deriva dal fatto che c'è bisogno di garantirsi affari sull'utenza dal momento che anche la scuola può essere un business come un supermercato.

E' semplicemente scandaloso che sulla scuola si abbiano così differenti visoni e modalità per recuperala, dopo i risultati del rapporto Pisa, fra i partiti in lizza per il governo. Ma è altrettanto scandaloso che un dibattito serio e ampio fra gli schieramenti in campo non sia avvenuto, né che se ne sia finora parlato con serenità e rigore. E ciò appare tanto più grottesco in quanto tutti dicono che il futuro della Nazione dipende dalla istruzione e dalla sua capacità di rinnovare il mondo. Con ogni probabilità lo scontro sottaciuto, ma in lettura fra le righe, deriva dal fatto che c'è bisogno di garantirsi affari sull'utenza dal momento che anche la scuola può essere un business come un supermercato.

Il problema centrale è infatti capire cosa si vuole fare della istruzione nel suo midollo più intimo, se cioè si vuole che il privato intervenga con pari funzione rispetto al pubblico o puntare solo sul pubblico e lasciare alle private la nicchia che finora hanno gestito. Se questo equivoco verrà superato onestamente allora tutti saremo più contenti e il dibattito su una riforma seria della istruzione potrà prender una piega corretta. E' impossibile infatti pensare che di fronte a tanto insuccessi, documentati anche dai test per l'ingresso all'Università, non si trovi una via comune, sia in ordine alla preparazione dei ragazzi e sia in quella del ruolo e della funzione docente. E il problema non sono i corsi di recupero, né gli esami di stato, né le tre I, nè i cacciavite; il vero problema è di rifondare la scuola partendo innanzitutto dai professori, quindi dai programmi e poi dagli indirizzi con l'indicazione chiara di come gestire tanto cambiamento. Sta fra l'altro bollendo fra gruppi di intellettuali il dibattito sul merito e sul rigore da riportare fra i banchi e la lotta contro un presunto egualitarismo valutativo che alla lunga sfianca i volenterosi e appiattisce verso il basso la preparazione complessiva. Ma il ripristino della meritocrazia non è la sola ricetta benché la medicina della selezione appaia di sapore ottocentesco. Indispensabile dovrebbe essere, nella scuola dell'autonomia, aggiornare i vecchi insegnanti (o prepensionarli) e arruolarne nuovi con scienza e sapienza, compresi i dirigenti la cui ultima assunzione è stata semplicemente bizantina e il cui operato qualcuno dovrebbe anche valutare.