
          
          Insufficienze.
			
          Intorno ad alcuni effetti delle campagne mediatiche 
			sugli insegnanti.
          
          di Gabriele Boselli, consigliere CNPI da 
          Educazione & Scuola del 
          28.3.2008
          
           
          
          A quanto si legge, al liceo scientifico solo 35 
			studenti su cento sarebbero accreditati dai loro insegnanti di 
			conoscere la matematica in modo sufficiente; al linguistico solo 14 
			su cento masticherebbero un minimo di lingue straniere; negli 
			istituti tecnici solo il 15 % conoscerebbe un minimo di materie 
			tecniche. Ancora apocalitticamente peggiori i “dati” delle scuole 
			professionali. 
			
			A mio avviso –e sempre che questi dati che circolano abbiano qualche 
			elemento di verità e non siano il solito effetto di un 
			malintenzionato uso di tecniche statistiche di manipolazione- si 
			dimostrerebbe una cosa sola: molti, troppi insegnanti riescono a 
			vedere non quel che c’è ma quel che sono stati portati ad 
			immaginare. La costruzione dell’immaginario da parte del sistema 
			informativo globale procede sistematicamente e sempre più intensa 
			–specie in prossimità dei rinnovi contrattuali- e ha indotto nei 
			professori l’idea che il loro lavoro non valga nulla; pertanto 
			occorre confermare la cosa attraverso l’ammissione di impartire un 
			insegnamento che genera un massiccio fenomeno di insufficienza. 
			Niente valgo, dunque niente produco e i miei ragazzi non possono che 
			essere una massa di somari. Denigra, denigra, alla fine il denigrato 
			stesso si è convinto che quel che si dice di lui sia vero. Le 
			campagne mediatiche di svalorizzazione della scuola statale e dei 
			risultati che questa produrrebbe stanno ottenendo l’effetto non solo 
			di convincere gli elettori che questa scuola non vale nemmeno i 
			pochi soldi che vi si spendono (in trent’anni siamo passati dal 7 a 
			meno del 4% del PIL) ma di indurre gli stessi insegnanti ad 
			ammettere implicitamente di essere improduttivi nullafacenti, o 
			comunque degli incapaci. 
			
			Questa forse la motivazione essenziale dell’ esplosione dei giudizi 
			di insufficienza nella scuola secondaria. Il sistema informativo 
			globale ha convinto i professori che una volta i ragazzi passassero 
			sui libri la maggior parte del pomeriggio con frequenti 
			prolungamenti nella notte; li ha investiti con le sentenze di 
			organismi interessati come l’OCSE o veterodocimologici come 
			l’INVALSI; li ha irrisi attraverso internet e la TV; li addita in 
			quanto retribuiti assai meno di tutti gli altri insegnanti d’Europa, 
			congruamente –lascia capire- a quel che valgono. Molti docenti si 
			lasciano indurre a pensare che la loro “infelice” categoria non 
			possa che produrre un insufficiente profitto scolastico. 
			
			La mia esperienza di ispettore nelle scuole d’Italia e le varie 
			visite compiute in Europa mi mostrano uno scenario completamente 
			diverso: ci sono dei fannulloni sia tra gli insegnanti che fra gli 
			studenti ma –anche nelle bistrattate regioni del Sud- la grande 
			maggioranza dei docenti e dei dirigenti svolge bene il suo dovere e 
			gran parte degli studenti studia. Gli studenti italiani e i loro 
			maestri non sfigurerebbero in alcuna scuola europea. 
			
			Non voglio dire che il diffondersi dei giudizi di insufficienza sia 
			solo il prodotto di una suggestione di massa e che non ci sia anche 
			un problema di recupero di qualità dell’insegnamento e della 
			dirigenza. La mancanza da oltre un decennio di veri concorsi 
			pubblici (aperti a tutti) per titoli ed esami e l’assunzione quasi 
			solo per graduatorie di arcaica origine ha abbassato effettivamente 
			la qualità media del personale docente e della dirigenza scolastica. 
			Quanto all’elevazione alla dirigenza tecnica e amministrativa, 
			questa avviene da una dozzina d’anni solo per “meriti” politici.
			
			Tuttavia la maggior parte delle categorie appena citate nonostante 
			tutto lavora bene e produce buoni risultati; ha il principale 
			difetto di lasciarsi impressionare da quel che si chiacchiera. 
			Peccato davvero per noi, ma ancor più peccato mortale per chi si 
			vede appioppate senza ragione due lunghe orecchie asinine.
 
          
          
			