Ridare dignità al lavoro degli insegnanti. Pasquale Almirante da La Sicilia del 9.5.2008 Al nuovo ministro della istruzione, Maria Stella Gelmini, spetterà il compito di dare tutte quelle risposte che il mondo della scuola da anni si attende. La questione si rende più urgente dopo l’evidente scadimento che tutte le rilevazioni hanno messo in luce, sia in termini di competenze, saperi, titoli ed abbandoni dei nostri alunni e sia di finanziamenti strutturali e d’edilizia. Per rinnovare è indispensabile partire dalle università e allora se si vogliono docenti preparati per la scuola occorre imporre piani di studi severissimi nel biennio di specializzazione, in cui psicologia, didattica, legislazione scolastica, informatica siano le materie portanti senza tralasciare i contenuti più forti e professionalizzanti nel triennio. E’ impossibile pensare che un docente di lettere prenda sbandate imbarazzanti con la sintassi o che tentenni davanti alle figure retoriche. Come è altrettanto deludente che professionisti della cultura non sappiano ancora dove inizino i loro doveri e dove terminino i loro diritti insieme alla ignoranza alquanto incresciosa di psicologia dell’età evolutiva e di didattica persino elementare. In altri termini il nuovo ministro dovrebbe fare in modo di mettere sul mercato non solo docenti preparati ma anche e soprattutto motivati dal sacrificio fatto per arrivare al traguardo e ai quali si garantiscano ritorni economici adeguati e quindi di immagine sociale. Ma dovrebbe pure impegnarsi, il ministro, a bandire concorsi biennali sull’effettivo fabbisogno, nominando commissioni esaminatrici che siano all’altezza del loro compito: è meglio non dare speranza che creare precariato permaloso il quale rischia alle lunghe di arenarsi sulle secche della demotivazione. La scuola ha bisogno di docenti-scienziati, non di amici o animatori- badanti, di Maestri che diano l’esempio, indicando la strada con autorevolezza ma ai quali però si dovrebbero pure togliere molte di quelle incombenze burocratiche che se per un verso distolgono dai veri obiettivi dall’altro deprimono e creano ansia. Da queste premesse si affaccia poi tutta la problematica sul merito. Ci si è mai chiesto perché solo qualche decennio addietro nessuno parlava di meritocrazia? Forse per il semplice fatto che la scuola marciava alquanto bene e quando ancora le università rilasciavano diplomi credibili e quando ancora la scuola pubblica dava segnali di vivacità e volontà e quando ancora molto dell’attuale fardello burocratico era lontano e quando ancora progetti Pon, Por e impegni pomeridiani di questo genere bivaccavano solo nella mente di qualche astruso pensatore. Non suggeriamo un ritorno indietro ma una ripresa delle severità, quella che poi la vita impone selezionando e discriminando. E per questo sarebbe più produttivo togliere alcune materie soprattutto negli Istituti tecnici e snellire i programmi per dare più possibilità ai ragazzi di sfruttare i loro hobby ma senza dare alibi al non-studio e alla neghittosità. Che si voglia o no l’apprendimento è sacrificio, impegno, dedizione come un lavoro fatto bene, per cui è doveroso dare un premio ai più bravi ma è anche educativo punire i furbi, i bulli, i ruffiani. Stesso discorso potrebbe farsi per il personale della scuola, cosicché se proprio si vuole valutare anche il lavoro dei docenti è importante trovare formule adeguate.
Qualcuno propone di investire di questo compito
le presidenze ma allora ci vorrà pure qualche altro che valuti il
loro operato e che li controlli dal momento che i dirigenti
avrebbero pure la facoltà di licenziare. Ecco allora un altro
impegno che il neo ministro dovrebbe prendere: rievocare la figura
ormai scomparsa dell’ispettore mettendo congrui posti a concorso, ma
sempre con prove severe e il più possibile oggettive. |