Piovono pietre sui «Liceali». La fiction di Canale 5 appena partita delinea docenti delusi o che amoreggiano, ragazzi che non danno e né chiedono niente, «bulli» o menefreghisti (magari in apparenza). Il liceo Mamiani di Roma usato come set contesta questo quadro. Silvia Garambois, da l'Unità del 18.5.2008 «I liceali»: sono bastate due puntate (5.458mila telespettatori per la prima, 4.584mila per la seconda) e piovono polemiche. Da parte di professori e di studenti del liceo classico in cui il film tv è stato girato, il Mamiani nel centro storico di Roma. Non siamo così arroganti, ignoranti e disinteressati al mondo, non siamo figli di papà, avvertono dei ragazzi adirati, e mentre altri sono più indulgenti, per altri permettere il set è stato un errore. «Quanto è successo è grave», insiste una docente. Il permesso per concedere le aule dell’istituto alle riprese dei Liceali 2 è in forse: il consiglio decide il primo giugno. Eppure, niente di nuovo sotto il sole: la nuova fiction proposta da Canale 5 viene persino accusata di aver scopiazzato qua e là, a partire da Tre metri sopra il cielo (per le corse clandestine), di aver saccheggiato i filmati di you-tube in cui i liceali filmano le loro bravate – e i loro professori - con il telefonino, di riproporre episodi già letti sui giornali, di riprendere a piene mani le idee guida di Caterina va in città di Paolo Virzì. Che poi, a leggere i titoli di coda, si capisce anche perché: questa fiction è stata ideata da Pietro Valsecchi che con la sua Taodue ha spesso prodotto film tratti dalla cronaca, mentre la sceneggiatura è firmata da «Motorino amaranto», ovvero il gruppo di lavoro dello stesso Virzì, che ci ha messo le mani in prima persona. Quasi uno spin-off televisivo del suo film. E con la stessa forza di denuncia, anche se qui è una commedia, senza nessun cedimento alla melassa imperante in tv. La storia è basata su pochi elementi: un «eroe semplice» arrivato da un altro mondo (il professore che dalla campagna arriva a Roma) si ritrova in un consorzio umano (la scuola) in cui è saltato ogni normale sistema di relazioni. Insomma: un marziano in città. In sei puntate il prof. Antonio Cicerino (bravissimo Giorgio Tirabassi), vedovo, con la figlia Elena (Carolina Benvenga), studentessa nel suo stesso liceo, si incontrano e scontrano con docenti e allievi di una scuola della Roma bene, dal nome di fantasia «Marcantonio Colonna» (ma il set era allestito nel vero liceo Mamiani). Impietosamente, si racconta di docenti che hanno perso ogni passione. La delusione della prof di storia dell’arte, in attesa di anno sabbatico (Claudia Pandolfi) le cui lezioni – svogliate e in tono monocorde - vengono disertate dalla classe; raggelante la sua dichiarazione di resa: «Qui non abbiamo niente da insegnare». Ma altrettanto sfiduciato è il professore di greco, che sceglie invece la strada dell’ostilità verso gli studenti: e interrogando sugli aoristi passivi distribuisce due e tre per mantenere la disciplina. Su tutti, un preside il cui primo pensiero è amoreggiare con l’insegnante di francese, e che a una lezione in classe preferisce un campari. E gli studenti? Per mettere subito sull’avviso il telespettatore, si parte con una citazione di L’attimo fuggente: tutti in piedi sui banchi. Sono ragazzi che alla scuola non chiedono niente e non danno niente: l’amore rubato nella sala di scienze, l’abuso di computer che porta fuori dalla realtà, le sfide suicide, la violenza delle parole e dei gesti… Il loro «leader» è Claudio Rizzo (Federico Costantini), un menefreghista che rischia la vita nelle corse clandestine, che nasconde come una inconfessabile debolezza la dedizione e le cure al fratello handicappato. Ma in classe sono rappresentati tutti i «tipi» (quasi una moderna rivisitazione di Cuore!): dal nerd - secchione e sfigato - Fabio Petrucci (Damiano Russo), espertissimo di computer, che equivoca virtuale e reale anche in amore; al club di ragazze bruttine, espertissime in arti sexy e in cerca di deflorazione; dal bravo ragazzo capelli lunghi e chitarra, preoccupato per la madre in crisi di nervi; alla ricca snob di pelle bianca o di pelle nera…
È così la scuola? «Ovviamente i professori
italiani non sono tutti male in arnese come quelli che raccontiamo
noi – ha dichiarato in tempi non sospetti Valsecchi -. Ma di
studenti traumatizzati da una scuola squinternata è pieno il mondo.
E mi pare che i fenomeni di violenza e di bullismo registrati dalla
cronaca, stiano lì a dimostrarlo».
|