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         La scuola quest’anno finirà, ma poi riprenderà con un nuovo recupero. L’Unione degli studenti: il nuovo ministro sospenda l’ordinanza di Fioroni 
          Fine anno scolastico nel caos.  Marina Boscaino da l'Unità del 13.5.2008 Maria Stella Gelmini ha un problema: l’ordinanza 92/2007, quella sui debiti formativi, scomoda eredità del ministro Fioroni, secondo la quale potranno frequentare il prossimo anno scolastico solo gli studenti che avranno sanato tutti i debiti. Bene, si dirà. Il problema dell’abbassamento delle competenze e delle carenze sempre più diffuse nella popolazione scolastica va affrontato con rigore e serietà. Entrambe, purtroppo, caratteristiche mancanti nell’improvvisata operazione muscolare di Fioroni, costata, peraltro, 177 milioni di euro (fonte Flcgil). Somma notevole, ma insufficiente all’istituzione di tutti i corsi: il calcolo per definire lo stanziamento è stato approssimativo e non ha tenuto conto delle variabili previste dalla norma. A fronte del circa 42% degli studenti italiani delle scuole superiori che si prevede saranno "sospesi" dopo lo scrutinio di giugno (la cui valutazione definitiva sarà quindi rinviata all’inizio di settembre), la neo ministro dovrà risolvere questa volta davvero tempestivamente numerosi problemi: la chiusura d’anno è alle porte. L’Unione degli Studenti insieme a molte reti di scuole chiede l’immediata sospensione dell’ordinanza. Che prevede l’archiviazione entro agosto della valutazione: tenendo presenti l’esame di Stato (che si conclude a metà di luglio), l’indisponibilità di alcuni docenti di farsi carico del recupero, i tempi sono molto stretti e poco potrebbe risultare il personale interno ai singoli istituti, con conseguente "esternalizzazione" di questa parte della didattica, con gravi danni per il diritto allo studio degli studenti nonché per le prerogative costituzionali degli insegnanti. Le famiglie non sanno ancora come programmare le proprie vacanze; e così le ferie di molti docenti restano sospese: non di quelli che avranno deliberato all’interno dei collegi la possibilità di sviluppare l’attività di recupero (seppure con i limiti su indicati) entro i mesi di giugno e luglio. Per poi fare esami e verifiche a settembre, con tempi più distesi e ritmi più adeguati al recupero. Tutto in un disinvolto e caotico "fai da te", in cui la norma è talmente fluttuante da essere soggetta ad interpretazioni varie. 
			Un problema ancor più serio è rappresentato 
			dagli organici: il numero degli iscritti definitivo di ciascun 
			istituto sarà noto solo in seguito alle verifiche di settembre; c’è 
			il rischio serio di iniziare il nuovo anno scolastico senza che 
			tutti i docenti siano al loro posto. E, ancora, i docenti potrebbero 
			comportarsi in due modi diversi: aumentando le bocciature a giugno, 
			per evitare il coinvolgimento in un’operazione le cui criticità per 
			altro qui sono state evidenziate solo in parte. Viceversa, in vista 
			di una probabile contrazione dell’organico derivante da eccessive 
			bocciature a settembre, adottando una "linea soft" a giugno o a 
			settembre. Nell’un caso e nell’altro, l’unica reale preoccupazione 
			sembra essere quella di far quadrare i conti. È concepibile l’idea 
			di far fronte alla cosiddetta "Caporetto della scuola italiana", 
			quella del 70% degli alunni con un debito scolastico, parcellizzando 
			un recupero scansionato farraginosamente, con insegnanti che 
			impartiscono un’ora a settimana di lezione (sempre con le medesime 
			metodologie) a gruppi-classe con criticità disomogenee, composti da 
			ragazzi che non si conoscono e abituati ad una didattica differente? 
			Un sistema scolastico deve adoperarsi per garantire il successo 
			formativo al maggior numero degli alunni; o deve fornire risposte 
			tempestive (ma non sempre efficaci e funzionali) all’emergenza 
			educativo-culturale? L’alternativa non è neutra. Perché dalla 
			soluzione dipende l’attendibilità dell’approccio a parte dei 
			problemi da cui la scuola è afflitta. Nel primo caso il sistema si 
			studia, si analizza, si sperimenta, si verifica: si mettono in campo 
			competenze eterogenee di alto livello che individuino strategie, 
			eventualmente revisioni, che tentino di dare risposte analitiche, 
			competenti e critiche alle criticità: il come e il cosa si insegna, 
			innanzitutto; ma anche la relazione educativa; la stabilità degli 
			organismi preposti alla costruzione del sapere; le competenze messe 
			in campo da chi deve esercitare la funzione docente; un sistema di 
			regole (diritti e doveri) adeguato all’esercizio della funzione. La 
			seconda risposta rischia di scadere nell’approssimazione, 
			nell’interventismo a effetto non corroborato da ricerca e 
			sperimentazione: parole d’ordine efficaci sul piano mediatico si 
			concretizzano troppo facilmente in interventi sconnessi e 
			improduttivi. Che la Gelmini, avvocato, continui a sbandierare il 
			ripristino dell’esame di riparazione rientra nel secondo caso, così 
			come lo sciatto provvedimento di Fioroni: mancanza di cautela e buon 
			senso stantio; il panem et circensem per ingraziarsi un’ "utenza" 
			disorientata e scossa da quella specie di Gomorra che pare sia 
			diventata la scuola pubblica. In terza liceo classico "i somari" che 
			fanno i corsi non sono in grado di declinare un aggettivo. E 
			dovrebbero tradurre Tacito. È forse ora che la scuola ripensi se 
			stessa e il suo stare nel mondo. Gelmini permettendo.   |