Docenti disabili? Licenziati.

Bruno Ugolini da l'Unità del 5.5.2008

«Siamo per la maggior parte bibliotecarie e precarie di ritorno: dopo aver vinto un concorso, aver lavorato anche 20 anni e più come insegnanti nei vari gradi di scuola ed esserci dovute riciclare per motivi di salute. Fra otto mesi ci attende il licenziamento, se nessun provvedimento sarà preso". Chi scrive così all’autore di questa rubrica è Maria Teresa De Nardis una dei tanti impiegati pubblici, considerati invalidi e perciò preposti ad altri incarichi meno onerosi della loro tradizionale mansione. Non sono solo insegnanti, ma anche poliziotti, infermieri. Godono di questa possibilità sancita da una norma che risale al 1974 poi immessa in diversi contratti nazionale. Norma che ora rischia di andare al macero. E’ possibile immaginare che qualcuno storca il naso di fronte a questa vicenda. La campagna indiscriminata attorno ai "fannulloni pubblici" ha lasciato il segno nell’opinione pubblica. È stata fatta di tutta un erba un fascio, facendo leva su casi reali di inefficienza per umiliare anche i "servitori dello Stato" che compiono con diligenza e passione il loro dovere.

Nella storia denunciata da Maria Teresa non siamo di fronte a incalliti "assenteisti" bensì a gente rimasta inabile, dichiarata inidonea da una commissione medico-collegiale. Non rimangono a casa. Sono utilizzati a tempo indeterminato dalle rispettive Amministrazioni in altri compiti compatibili col loro stato di salute.

Gli insegnanti dichiarati inidonei, in particolare, sono utilizzati, spiega la mia interlocutrice, nelle biblioteche, nelle segreterie, negli uffici periferici, nei laboratori, nei progetti dell’autonomia scolastica (intercultura, attività extrascolastiche, prevenzione del disagio, multimedialità, ecc.). Sono privi di uno status giuridico chiaro, tuttavia collaborano al buon funzionamento della scuola. Specie operando nelle biblioteche.

Ora ecco il colpo di mannaia. E’ stato decretato nel 2003 con un comma della legge Finanziaria che poneva un limite di cinque anni a queste attività riservate agli insegnanti inidonei. Entro quel periodo avrebbero dovuto chiedere il passaggio - la cosiddetta mobilità - ad altri comparti dell’amministrazione pubblica. In caso contrario, il rapporto di lavoro sarebbe stato "risolto". Licenziati, insomma. Con la conseguente chiusura di moltissime biblioteche e col venir meno di moltissime figure di supporto alla didattica.

Un licenziamento, scrive Maria Teresa, "senza giusta causa" e, in ultima analisi, "per malattia". La minaccia ha già provocato un massiccio ricorso al prepensionamento. Così dei 6200 "inidonei" utilizzati permanentemente dal 2003, oggi se ne stimano circa 4000. Per loro la Finanziaria del 2007 concedeva un altro anno in più prima del licenziamento, onde attuare un piano di mobilità mai attuato. La Finanziaria del 2008 insisteva a sua volta sulla mobilità, difficile da attuare se non dequalificando il piccolo esercito di cinquantenni chiamati al sacrificio. Col particolare che si tratta di invalidi chiamati a svolgere lavori destinati in questo caso a persone sane.

Par di capire, leggendo tale denuncia, che quel che si vuole mettere in atto è una soppressione di un rete di protezione sociale (certo inesistente, in questi termini, nel campo privato). Forse per il timore di abusi, visto che ogni anno ci sono circa 200 nuove inidoneità riconosciute dalla commissione medica. Sono condizioni collegate a nuovi fenomeni come il bullismo, la carenza di docenti di sostegno, eccetera.). Il rischio, fa notare la mia interlocutrice, se verrà meno il ricorso all’inidoneità, è che, in mancanza d’alternative, i futuri malati, con l’incubo del licenziamento, continueranno a insegnare alimentando l’assenteismo e la scarsa qualità dell’insegnamento. Le loro richieste, intanto, sono sostenute dal Coordinamento Nazionale Bibliotecari Scolastici (http://conbs.altervista.org). Gli stessi sindacati si stanno muovendo. La Federazione lavoratori della conoscenza (Cgil) ha infatti chiesto un urgente provvedimento di legge per eliminare la norma capestro imposta dalle diverse leggi finanziarie (quella che prevede il licenziamento). La farà propria il nuovo governo di centrodestra? Difficile una risposta positiva.


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