Coro di no alla via tedesca.
"Risparmiare può essere utile Salvo Intravaia, la Repubblica 5.5.2008 ROMA - L'invito a bocciare di meno per fare respirare le casse dello Stato rivolto agli insegnanti tedeschi, in Italia viene etichettato come una "proposta miope", "inopportuna e inapplicabile". Su un punto sono tutti d'accordo: «è l'aspetto pedagogico quello che ci deve guidare nelle scelte, non quello economico». Insomma, quelle che contano sono le competenze acquisite dagli alunni alla fine del percorso scolastico non il numero delle bocciature. Ma basta guardare i numeri per comprendere che, anche nel nostro Paese, il problema esiste. In Italia, il costo delle bocciature è stratosferico. Secondo i dati forniti dal ministero della Pubblica istruzione il bilancio degli ultimi scrutini (2006/2007) è preoccupante: oltre 316 mila bocciati nelle scuole superiori e 49 mila alla scuola media, per un costo complessivo che si avvicina ai 2 miliardi e 800 milioni di euro l'anno. Cifra che supera i 3 miliardi se si conteggiano i pluriripetenti, che nelle classi italiane non mancano. Tra stipendi (insegnanti, bidelli, personale amministrativo e dirigenti scolastici), gestione dei locali (affitti e manutenzioni), finanziamenti alle scuole autonome e spese delle autonomie locali, uno studente delle scuole superiori costa, infatti, alla collettività 7.666 euro l'anno. Si spende un po' meno, 7.238 euro l'anno, per un ragazzino della scuola media. Se non ci fossero bocciati, e ripetenti, così, le casse dello stato risparmierebbero quasi 3 miliardi l'anno. La questione "tedesca" sembra quindi, fondata. «Ma hanno fatto bene i conti?», si chiede il pedagogista Benedetto Vertecchi che continua: «Diminuire le bocciature potrebbe costituire un risparmio ma non è detto che sia così. Se il calo delle bocciature non viene accompagnato da un corrispondente livello di preparazione dei giovani, dopo qualche anno questo apparente risparmio si trasforma in un aggravio economico e sociale ancora maggiore». Si tratterebbe, spiega Vertecchi, «solo di un risparmio a breve termine» perché «ragazzi con un profilo culturale gracile avrebbero difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro». Con la Finanziaria 2007 anche il governo Prodi aveva auspicato un calo (pari al del 10 per cento) delle bocciature nei primi due anni della scuola superiore, ma obiettivo di risparmiare 56 milioni di euro fallì. «L'obiettivo – spiega Mariangela Bastico, viceministro della Pubblica istruzione uscente – era legato all'elevamento dell'obbligo scolastico di due anni e al raggiungimento degli obiettivi minimi di apprendimento, che abbiamo cercato concretizzare con la norma sul recupero dei debiti. Non può certamente essere l'aspetto economico – continua la Bastico – il punto di riferimento delle scelte educative, né questo può influire sulla libertà di insegnamento dei docenti. Suggerire agli insegnanti di bocciare di meno mi sembra inopportuno e inapplicabile. Occorre, piuttosto, interrogarsi sul perché di tanti insuccessi scolastici che costituiscono un fallimento per la scuola e per gli stessi ragazzi».
Per Giorgio Rembado, presidente
dell'Associazione nazionale presidi la "via tedesca" non è «una
proposta da prendere ad esempio per il nostro paese». "E'
incontestabile che i ripetenti rappresentano un costo per la
collettività – dichiara Rembado – ma in questo modo si affronterebbe
il problema partendo dalla fine. In Italia stiamo cercando di dare
ai diplomi un valore reale, riconoscibile e verificabile. Il calo
delle bocciature senza un serio lavoro alle spalle mi sembra una
sciocchezza». Per ridurre le bocciature si dovrebbe intervenire
«sulla metodologia didattica e sulla formazione in servizio». Ma la
qualità dell'insegnamento non dipende soltanto dai docenti. «Solo in
parte – secondo Vertecchi – ne sono responsabili gli insegnanti. E
mi riferisco ai tanti casi in cui basta che si fulmini una lampadina
per non potere utilizzare un laboratorio. La qualità
dell'insegnamento dipende dalle attrezzature e dall'organizzazione
del lavoro». |