Minori fondi per gli atenei, Mariastella
Gelmini risponde al mondo accademico
"Scelte indispensabili, ma premieremo i migliori con altri tipi di
finanziamenti"
Università, il ministro rassicura.
"Tagli sì, ma in base al merito".
"Un sistema costretto a spendere il 90% in stipendi non ha futuro"
Andrea Bettini, la
Repubblica 10.7.2008
ROMA - Spendere meno ma spendere meglio, magari sfruttando
l'opportunità di trasformare gli atenei in Fondazioni per crescere.
Il ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, Mariastella
Gelmini, cerca di rassicurare il mondo universitario. I tagli
contenuti nel decreto legge che anticipa la manovra Finanziaria,
sostiene, erano inevitabili, ma saranno ripartiti in base al merito
e la situazione non è così drammatica. Per il futuro punta su
meritocrazia, trasparenza e qualità. E agli studenti garantisce:
"Non sono previsti aumenti delle tasse universitarie".
La Crui parla di conseguenze
pesanti: minore qualità, blocco delle assunzioni, aumento del costo
delle iscrizioni. Sono timori giustificati?
"La situazione dei conti dello Stato ha imposto a tutti scelte
dolorose ma indispensabili. Un ministero che spende più del 90 per
cento in stipendi non ha più la capacità di rinnovarsi,
modernizzarsi, pensare al futuro. Ed è una capacità che voglio
recuperare. Capisco le preoccupazioni della Crui e in parte le
comprendo. E' una sfida, ma sono certa che le università sapranno
farla fruttare. In questi anni si è data l'autonomia alle
università, ma il grave errore è stato non chiedere conto dei
risultati ottenuti e dell'impiego delle risorse pubbliche.
Mettiamola così: le università, come il resto dello Stato, dovranno
spendere meno, ma potranno spendere meglio. Voglio essere chiara sul
costo delle iscrizioni: non è previsto nessun aumento delle tasse
per gli studenti, la cui quota è fissata per legge".
Le condizioni degli atenei italiani
sono molto variabili. Non era possibile modulare i tagli - ad
esempio in base al merito - invece di stabilire una stretta cospicua
per tutti?
"Ogni ateneo è una realtà a sé, lo so perfettamente. Per questo
stiamo studiando i margini per non ripartire la decurtazione
indistintamente tra tutti gli atenei, ma in base ad appositi
indicatori che saranno individuati in accordo con la Conferenza dei
rettori. Stiamo già lavorando all'individuazione di criteri più
idonei e efficaci per ripartire nel 2009 le risorse - e
conseguentemente i tagli - sulla base di indicatori di merito.
Inoltre i mancati finanziamenti del Fondo ordinario verranno
compensati dal Fondo straordinario, istituito per premiare gli
atenei migliori".
Lei ha spesso sottolineato la
necessità di intervenire sul problema del precariato. Ma i più
colpiti dal turnover ridotto
saranno però soprattutto i giovani. Se poi saranno assunti, avranno
anche retribuzioni minori per l'istituzione degli scatti di
anzianità triennali...
"Guardi, i miei primi atti sono stati lo sblocco di 20 milioni di
euro per l'assunzione di mille giovani ricercatori e aumentare le
borse di studio per i dottorati di ricerca di 240 euro al mese. A
tutto posso rinunciare, tranne che a puntare sui giovani, che è mia
intenzione coinvolgere anche all'interno del ministero per aiutarmi
a progettare il loro futuro".
Cosa cambierà nel sistema
universitario con la possibilità di trasformare gli atenei in
Fondazioni?
"Gli atenei trasformati in Fondazione potranno dotarsi di
regolamenti per l'amministrazione più moderni e flessibili, in grado
di garantire il massimo della trasparenza nella gestione e nelle
scelte di investimento. Saranno facilitati nella raccolta di
contributi e donazioni da parte dei privati, viste le agevolazioni
fiscali previste dalla legge. Ovviamente non viene meno il sistema
di finanziamento pubblico, attraverso il quale attualmente perviene
alle università la parte più consistente delle risorse, e aiuteremo
gli atenei che hanno obiettive difficoltà a reperire risorse
esterne.
Lo strumento Fondazione, inoltre, può essere capace di instaurare un
rapporto più costruttivo con il territorio, gli enti locali, il
mondo dell'economia e dell'impresa. Le Fondazioni bancarie, da
questo punto di vista, offrono un esempio apprezzato da destra a
sinistra".
I rettori sostengono che una
trasformazione così importante necessiti di un dibattito
approfondito. Perché avete scelto di inserire questa novità in un
decreto legge?
"La trasformazione in Fondazione non è un obbligo, ma è una scelta
che i singoli atenei possono compiere e può avvenire solo se decisa
dal Senato accademico a maggioranza assoluta. Le stesse università
ci hanno chiesto di ampliare i modelli di governance possibili, di
liberare gli atenei da meccanismi farraginosi e di non tentare di
imporre un ritorno al centralismo. Alla prima occasione lo abbiamo
fatto, senza forzature e senza imposizioni. E questo mi sembra un
fatto positivo per gli atenei, per la loro millenaria autonomia, per
il paese".
Ci sarà spazio per modifiche in Parlamento alle parti del decreto
legge che riguardano l'università?
"Sono certa che nel dibattito si potranno migliorare alcuni aspetti,
mantenendo ferme le cifre complessive della manovra. Spero che,
anche nella fase attuativa, il dibattito sarà soprattutto concreto".
Come immagina l'università del futuro?
Riassumo l'università che sogno in tre parole: internazionale,
eccellente, meritocratica. E, quarto, trasparente. Le singole
università dovranno fornire sui loro siti web, come avviene in gran
parte del mondo anglosassone, i dati sugli sbocchi professionali dei
loro studenti, sulla produzione scientifica annuale dei loro docenti
e ricercatori e sulla soddisfazione degli studenti, un monitoraggio
che già diversi atenei, statali e privati, provvedono a compiere.
Solo con la trasparenza e l'accessibilità alle informazioni può
affermarsi un sistema pienamente meritocratico, che consenta a
studenti e famiglie scelte consapevoli e informate.
A settembre incontrerà i rappresentanti dei rettori, dei docenti
e degli studenti. Quali saranno gli obiettivi di questa
consultazione?
Ci sono tre obiettivi fondamentali su cui ho già coinvolto il mondo
dell'università: un sistema universitario di qualità, che premi il
merito e che venga valutato sui risultati in maniera trasparente e
pubblica da un organismo terzo; regole chiare e stabili per il
reclutamento delle nuove leve di docenti e ricercatori; infine, un
nuovo welfare studentesco. Stiamo ad esempio pensando di consentire
di differire il pagamento delle tasse universitarie nelle prime
dichiarazioni dei redditi. Inutile girarci intorno: la meritocrazia
è la più alta forma di democrazia, e consente anche a chi arriva da
una famiglia povera di avere una possibilità concreta di farcela.