Da Campania e Sicilia quattro docenti su 10. Ai settentrionali vanno solo il 20 per cento dei posti Raffaello Masci, La Stampa, 21.7.2008
ROMA Le statistiche del ministero dell’Istruzione ci dicono anche che proviene dal Sud il 53% degli insegnanti di materie umanistiche (28% dei professori di lettere, storia, filosofia, un 14% dei docenti di lingue straniere e un 11% di docenti di discipline artistiche, come la musica, il disegno e simili). Se - infine - incrociamo questo dato con il tasso di femminilizzazione della scuola italiana, pari all’83% nelle elementari e medie e 79% nelle superiori, possiamo dire con un certo fondamento che più della metà dei docenti del Nord è costituito da professoresse di lettere nate sotto il Volturno e - non ce ne vogliano le signore - non più giovanissime, se si considera che l’età media di entrata in ruolo nella scuola italiana è di 48 anni. «Ciò detto che cosa vogliamo fare? - commenta l’ex ministro dell’Istruzione Giancarlo Lombardi, ingegnere, imprenditore, uomo del nord - Bossi parla come se non fosse ministro in questo paese. Se il governo facesse una politica di valorizzazione della professione insegnante, probabilmente molti giovani laureati del nord, soprattutto maschi, potrebbero guardare con interesse alla scuola come ambito di lavoro. Ma fin tanto che questo non si farà, e che, comunque, non darà i suoi frutti, come cittadini del nord dobbiamo essere molto grati alle donne e agli uomini del sud che vengono qui ad insegnare. Come ex ministro posso dire che si tratta, per lo più, di personale molto qualificato, senza il quale le nostre scuole resterebbero deserte». In effetti, dicono ancora le statistiche, non si trovano docenti del nord, specie giovani e laureati in discipline scientifiche. «Da un punto di vista strettamente educativo - aggiunge il pedagogista Renato Di Nubila - la provenienza geografica dell’insegnante è del tutto irrilevante ai fini della qualità dell’insegnamento. Eccetto in un caso: che cioè il docente si senta sradicato nel contesto in cui opera. Il precariato, per esempio, ha fatto sì che alcuni insegnanti del sud lavorassero al nord ma con la speranza costante di tornare nella loro terra e con una sorta di nostalgia che si riverberava anche nel professionale. Questo può essere un limite. Ma quando, come nella stragrande maggioranza dei casi, l’assimilazione è perfetta, la qualità dell’insegnamento è affidata a fattori relazionali e di competenza. Punto e basta. La mia lunga esperienza nel ramo, mi fa dire che spesso, addirittura nell’approfondimento della storia e delle tradizioni locali, molti insegnati di fuori si sono dimostrarti più attenti e interessati di quelli del luogo. Io - conclude il pedagogista - sono professore nell’università di Padova, e se sono un buon insegnante o meno non dipende certo dal fatto di essere nato in Basilicata».
Anche il ministro ombra dell’Istruzione, Maria
Pia Garavaglia, accoglie come incongrue le esternazioni del ministro
leghista: «In un momento in cui le frontiere sono così permeabili,
mi sembra veramente curioso voler mettere dei limiti alla libertà di
movimento. Non è necessario che per le materie fondamentali e
specialistiche ci sia un riferimento al territorio di chi insegna.
Queste possono essere patrimonio di qualsiasi docente purché sia
adeguatamente formato. La preparazione di un professore non si può
misurare solo nel fatto di essere padano. E io lo posso dire, perché
la Padania è la mia terra». |