La
storia
Prof e precaria a 54 anni Maria Teresa Cossolini: anche quest' anno niente cattedra «Sono anche sfortunata, quest' anno cercano 24 prof d' inglese. Io sono al ventisettesimo posto» Sacchi Annachiara Il Corriere della Sera, 12.7.2008
Inutile coltivare speranze, coccolare l' idea
che quest' anno sarà quello buono, che è finita la peregrinazione da
una scuola all' altra. Maria Teresa Cossolini, 54 anni, prof di
inglese precaria, 18 anni di esperienza in cattedra, lo sa bene. «Io
non entrerò più in ruolo», dice rassegnata. «Andrò in pensione da
precaria». Destino crudele segnato dai numeri della Finanziaria. A
Milano le cattedre scoperte di inglese scoperte sono 51, ma le
assunzioni previste dal ministero dell' Istruzione (almeno stando ai
calcoli dei sindacati) sono circa 24 da dividere in due tra
vincitori di concorso ordinario e candidati in graduatoria. «Ma io
sono ventisettesima in classifica. Dunque i conti si fanno presto».
E se è vero che, come ha spiegato il direttore scolastico lombardo,
Annamaria Dominici, «potrebbero arrivare tempi ancora più duri», la
prof Cossolini indossa le vesti di Cassandra e lancia la sua
profezia: «Sarò supplente a vita». Che delusione. E non è per i
soldi, continua lei. «Mia figlia che ha 26 anni guadagna quasi più
di me. Ma se avessi voluto arricchirmi avrei fatto un altro
mestiere». Il problema è un altro. L' estenuante trafila di fine
estate per aggiudicarsi una nuova cattedra, il vagabondare da una
scuola all' altra, l' essere costretti ad abbandonare ogni volta una
classe «con cui si era iniziato un buon lavoro». Ogni anno tante
frustrazioni diverse. Come quelle occhiate dei colleghi in ruolo
«che in passato mi hanno guardato, anche senza volerlo, come se
fossi un paria»; o il dover abbandonare un buon progetto «senza
sapere se l' anno successivo è possibile riproporlo». Tanta energia
e voglia di rimettersi in discussione «ogni settembre che Dio manda
in terra», ecco quello che ci vuole. «Ma a 54 anni è faticoso». Chi
l' avrebbe mai detto - sospira - «che alla mia età sarei stata
ancora precaria. Eppure quando nel 1990 iniziai a insegnare tutti mi
dicevano che era fatta, bastava avere un po' di pazienza». Sono
passati diciotto anni, Maresa ha visto amiche e colleghe andare in
pensione da precarie, ogni estate ha sfogliato e consultato
graduatorie, ha sudato in provveditorato - «sembra il mercato della
carne» - e combattuto per aggiudicarsi la sua cattedra annuale. «E
ad agosto sarà lo stesso. Speriamo solo di riuscire a "vincere" la
stessa scuola dell' anno scorso». Chissà. «Dipende tutto da chi è
davanti a me in graduatoria. Il preside non ha il potere di
riconfermarmi se qualcun altro chiede quel posto». Burocrazia e
ostacoli, «vedremo a fine agosto». Per il momento la docente è a
Dublino, con i suoi ragazzi, «due settimana di vacanza studio in cui
faccio il gendarme, la confidente, la mamma». Ma insegnare vuol dire
proprio questo: passione nonostante tutto. E Maresa ne ha da
vendere: «Per questo, anche se mia figlia mi dice di lasciar
perdere, io vado avanti». |