Non solo grembiule. Pasquale Almirante, La Sicilia 6.7.2008 Dato per scontato ormai che il problema centrale della scuola è il grembiule per gli alunni, sarebbe il caso di aprire il dibattito attorno agli esami di stato che ormai si stanno per concludere un po’ dovunque. Come è noto non si chiamano più esami di maturità ma di stato, in omaggio a una legge del ’97 che prefigurava pure un nuovo modello di diploma con la certificazione delle "competenze, conoscenze e capacità acquisite" in modo da consentire il suo utilizzo in termini lavorativi anche in Europa. Tuttavia, come è costumanza, la legge è stata applicata a metà, nel senso che la disciplina riguardante la certificazione delle competenze si preferì posticiparla di anno in anno fino a quando si è del tutto dimenticata, cosicché ancora il diploma consiste di un voto unico, onnicomprensivo di tutte le materie ma che dice poco sulle effettive conoscenze del candidato. E non solo, ma nel giro di una diecina d’anni il mitico esame ha subito ben tre cambiamenti tra Berlinguer, Moratti e Fioroni, dopo la fase cosiddetta sperimentale del 1969, che doveva durare qualche anno, ma che si è protratta per ben 30 anni. La modifica sostanziale però degli esami, che avrebbe dovuto riguardare appunto il rilascio di un diploma in cui la commissione esterna certificasse per ciascuna materia il livello di competenze, capacità e conoscenze acquisite, sia sulla base delle prove oggettive sostenute dal candidato durante le prove, e sia dai risultati conseguiti negli ultimi tre anni, non c’è stata.
Certamente non è facile, mancando riferimenti e
descrittori precisi come avviene per le lingue straniere,
individuare bene i livelli di competenza ma è un compito che il
Ministero dovrebbe assumersi insieme a quello di ridurre i ben 912
diversi indirizzi di studio, in funzione soprattutto di adeguarsi
all’Europa e di favorire l’ingresso dei nostri diplomati nel mondo
del lavoro. Oggi tuttavia anche per l’ingresso all’Università è
stato tolto ai più bravi, dall’attuale ministro, anche il credito di
25 punti e forse a ragione, per suggerire che il merito non paga,
benché ci si stracci le vesti per imporlo ai docenti ai quali però
non è dato ancora sapere quanto e quando (qualcuno dice anche: se)
percepiranno le propine. Ma l’interesse per ora è fagocitato, oltre
che dai grembiuli, anche dalla non pubblicazione dei voti finali che
è un’altra boutade, tanto per guardare altrove. |