INCHIESTA

L'università non attira più.

Aumentano i corsi di laurea, crollano le iscrizioni

Raffaello Masci La Stampa, 1.7.2008

ROMA
Non è ancora la crisi dell’università, ma un declino serio e costante sì. Dei 470 mila studenti che in questi giorni stanno concludendo gli esami di maturità, nei 95 patri atenei se ne iscriveranno poco più di 300 mila (all’incirca i due terzi), con un trend calante dal 2002 (anno di inizio della riforma del 3+2) ad oggi. L’Istat non ha - ovviamente - i dati sulle preiscrizioni, che si stanno concludendo in questi giorni, ma è in grado di definire una dinamica di trend che, per l’appunto, questo dice. Così come dice che sono ancora le discipline umanistiche e socio-politiche a catalizzare l’interesse di quasi la metà delle aspiranti matricole, con una tendenza, tuttavia, nuova rispetto agli ultimi anni: le materie scientifiche, sotto l’effetto del grande bombardamento mediatico e delle iniziative del ministero, stanno rialzando la testa, con percentuali di crescita assai elevate (chimica, per dire, sfiora una crescita del 55%).
 

Disillusione

«E’ la disillusione - dice Paola Ungaro, responsabile del settore istruzione dell’Istat - il fenomeno che ha coinvolto maggiormente gli studenti italiani rispetto all’università. Dopo una stagione di forte crescita delle immatricolazioni, dopo la riforma del 2002, la perdita è stata lieve ma costante. E comunque del 5% solo nell’ultimo anno. E così, crediamo, continuerà anche per l’anno che si sta per aprire». D’altronde in Italia chi vuole continuare gli studi non ha che l’Università, di fatto. Contro una vasta offerta di formazione professionale di terzo livello degli altri paesi europei. E poi i ragazzi sono disorientati dalla vastità e complessità dell’offerta formativa. Alla domanda «a che cosa ti iscrivi?», si può rispondere in oltre 5000 modi diversi, perché tanti sono i corsi di laurea con differenti e spesso inspiegabili denominazioni. Esempio: il tanto gettonato corso di scienze della comunicazione, attivato in 66 atenei, si presenta con i nomi più disparati: scienze della comunicazione, ma anche comunicazioni di massa, comunicazione d’impresa, comunicazione multimediale, comunicazione multimediale e interculturale, eccetera. D’altronde i professori stessi alla domanda «e lei cosa insegna?» potrebbero rispondere in 171 mila modi, tanti ne ha censiti il Comitato di valutazione sull’università.
 

La scelta

E comunque, che cosa sceglieranno le nuove matricole? La tendenza parla di una forte crescita di architettura, scienze biologiche, medicina, chimica, discipline sociali. Ma, eccetto il caso di architettura e, in parte, di medicina, questa crescita non sovverte il quadro d’insieme dell’università italiana. Gli studenti di chimica, per dire, sono pochissimi, per cui una crescita anche superiore al 50% può tradursi in poche centinaia di nuove entrate. Resta forte invece, secondo le valutazioni dell’Istat, il gruppo umanistico e massmediologico che, da solo, dovrebbe raggiungere quasi il 45% delle nuove immatricolazioni. Parliamo di lettere, filosofia, lingue, comunicazioni di massa variamente declinate, beni culturali, sociologia, eccetera. «Ma su questo - dice ancora Ungaro - incide la variante di genere: ad iscriversi a questi corsi sono soprattutto donne (80% a lingue, 81% a psicologia, 70% a lettere). E le donne crescono ogni anno nella popolazione studentesca». Quest’anno potrebbero raggiungere quota 55%.

Come andranno, veramente, le iscrizioni del 2008, lo sapremo però solo nel 2010, quando la prima scrematura sarà fatta. «Fortissimo infatti - dice ancora l’Istat - è il fenomeno degli abbandoni». Su 100 immatricolati arriveranno al fausto giorno della laurea in 40, con una serie di variati tra facoltà: 66 a medicina, 42 a ingegneria, 36 a biologia, 26 a legge, ma appena 18 a chimica. Questa falcidia avverrà, almeno per il 50%, al primo anno». Insomma: dei 300 mila che si stanno iscrivendo, 50-60 mila tra un anno staranno di nuovo a chiedersi cosa fare da grandi. Esame