Cultura
Luigi furini ha raccolto storie di italiani
non più giovanissimi rimasti senza un impiego
Il male di vivere
degli «anziani precari».
Viaggio nel mondo del lavoro flessibile, tra ex
manager baristi,
contratti a giorni e buste paga di pochi euro
Il Corriere della Sera,
20.7.2008
Volevo solo lavorare di Luigi Furini
(Garzanti, 2008)è un viaggio nel mondo del lavoro, un viaggio fra i
precari di tutte le età. Tutti parlano dei giovani che hanno lavori
flessibili, a volte assunti dalle agenzie interinali, spesso con
contratti a progetto, quasi sempre con contratti a tempo determinato
(e questi giovani sono fra i 4 e i 5 milioni) ma ci si dimentica dei
precari anziani (sono circa 1 milione e mezzo). Sono persone fra i
50 e i 64 anni che hanno perso il lavoro per vari motivi (cessate
attività, trasferimenti, delocalizzazioni) e che non riescono a
trovare un altro posto. Le aziende non li vogliono più e, nella
grande parte dei casi, si trovano senza reddito (in attesa della
pensione che arriverà a 65 anni). Solo nelle grandi aziende,
infatti, quando ci sono i prepensionamenti, intervengono gli
ammortizzatori sociali, come le incentivazioni, o gli scivoli. Ma il
tessuto economico italiano è fatto, per il 95% dei casi, di piccole
aziende e quelle, se ti lasciano a spasso, sei fregato.
STORIE DI ORDINARIA PRECARIETA'
-Volevo solo lavorare non è un libro di dati e cifre. Ma di storie.
C'è il 50enne che tarocca il curriculum (e si toglie 10 anni) per
essere almeno ammesso a un colloquio di lavoro. E al colloquio ci va
ma dopo essersi fatto colorare i capelli. Niente da fare. Quando
deve dire la data di nascita, lo cacciano via come un barbone. Ci
sono poi ex manager Fiat che fanno i baristi. Ex impiegati che si
improvvisano venditori alle bancarelle del mercato. C’è anche chi si
è fatto la partita Iva per fare il consulente ma non trova niente e,
comunque, adesso deve fare la dichiarazione dei redditi perchè
risulta essere un soggetto fiscale. E poi la storia di un cameriere
che trova impieghi solo con il "lavoro a chiamata" (il famoso job of
call): ti chiamano per due ore, ti assumono, e poi ti licenziano. E
poi, magari, ti riassumono e ti rilicenziano. E tutte le volte ti
danno, in busta paga, la quota di tredicesima (in questo caso 1,13
euro) e di riposi non goduti (80 centesimi). C’è anche la storia di
uno che ha guadagnato 18 euro per 3 ore, ma l'hanno pagato con un
bonifico bancario e gli hanno trattenuto 2 euro per le spese. E un
altro che ha lavorato 4 ore e mezzo e gli hanno dato 32 euro con un
assegno circolare (poi ha perso mezza giornata in banca per
cambiarlo).
DUECENTO CONTRATTI L'ANNO
- Per non parlare poi della gente che colleziona, in un anno, anche
200 contratti (quasi uno al giorno). E chi il posto di lavoro l'ha
perso ma non ha trovato il coraggio di dirlo alla moglie. E che cosa
ha fatto? Ha preso la buonuscita e l'ha messa si un nuovo conto
corrente. E tutti i mesi, al 27, ha trasferito sul conto corrente
della famiglia quella che era la cifra del suo vecchio stipendio (e
ha fatto così fino alla pensione). E, per fingere di lavorare,
usciva di casa tutti i giorni trascorrendo le giornate in un bar
(d'inverno) e ai giardinetti (d'estate).
LA TUTELA MANCATA
- Il sindacato fa ben poco per tutelare questi "precari anziani"
perchè già indaffarato a tutelare i pubblici dipendenti e i
pensionati. Così queste persone si auto-organizzano. A Milano c'è
un'associazione che si riunisce tutti i giovedì mattina in un bar di
Porta Romana. Gli associati di vendono, parlano, cercano di darsi un
mano. E il barista non vuole che si sappia. «Sennò», dice «arrivano
qui migliaia di persone e non si vive più». A causa del lavoro
precario, sono tante, troppe ormai le famiglie che non arrivano alla
quarta settimana, che hanno ridotto i consumi, che scelgono (per
forza) di fare pochi giorni di vacanza o di non andarci proprio.