Primi dati sulle iscrizioni alle elementari e medie Fuga dalle scuole statali, fila per le private.
«Troppe classi con l'80 per cento di stranieri».
Sacchi Annachiara Il Corriere della Sera di Milano, 14.7.2008 MILANO - Giovanni Del Bene, preside dell'Istituto Cadorna di via Dolci, sta facendo i conti da una settimana. Di malumore: «Devo distribuire gli alunni stranieri in modo omogeneo, organizzare le iniziative di sostegno, recuperare qualche soldo per l'integrazione». Non sarà un'impresa facile. E non solo per quel 70 per cento di bambini extracomunitari che a settembre riempiranno le sue 4 prime elementari. «Mancano i fondi, gli insegnanti e una politica di collaborazione tra scuole. In queste condizioni è difficile lavorare». E il risultato è duplice: aumentano le «classi ghetto» e si allungano le liste di attesa per entrare alle private. È iniziata la fuga dalla scuola statale. La premessa: i dati di luglio non sono affidabili, gli alunni stranieri arrivano a settembre. Dunque, resta una certezza: i bimbi non italiani aumenteranno anche quest'anno. Alle elementari e alle medie. Non solo alla Cadorna, dove su 77 iscritti in prima 53 hanno genitori extracomunitari. Anche nelle altre scuole di frontiera. E il problema è tutto qui. «Siamo sempre noi a dover sopportare il peso dell'immigrazione». A dirlo è Francesco Cappelli, preside della scuola del Trotter, uno straniero su due: «È necessaria una migliore pianificazione. Noi presidi dovremmo trovare una strategia comune». Tradotto: non è giusto che alcune scuole rifiutino gli stranieri, lasciando agli istituti di serie B il compito dell'integrazione. Meno ghetti. E più insegnanti di sostegno. «Ma la coperta è corta — dice Concetta Alvino, a capo della media Arcadia Pertini —: io chiederò in ginocchio al Comune qualche risorsa in più. Non solo per gli stranieri, ma anche per i disabili». Sperano in un mediatore all'istituto Confalonieri di via dal Verme (nella sede di via Crespi oltre la metà di extracomunitari), all'Italo Calvino di via Frigia, in via dei Narcisi e Paravia (80% di immigrati in alcune classi), in via Dolci (la maestra «volontaria » che da 10 anni si occupava degli stranieri è andata in pensione), in via Russo (50%), in via Giusti (36% alle elementari e 40 alle medie). Il preside, Roberto Bellini, incrocia le dita: «Aspettiamo». Rita Frigerio, segretario della Cisl-scuola, non è ottimista: «I mediatori saranno circa 100, come l'anno scorso. Ma gli stranieri aumentano». E sempre nelle stesse scuole. «Così, finché si tratta delle elementari — aggiunge Cappelli — gli italiani rimangono. Poi, quando la scuola diventa "una cosa seria", i genitori mandano i figli o negli istituti "bianchi" o alle private. Ma sono loro a ghettizzarsi». In effetti le liste d'attesa per entrare nelle scuole paritarie si stanno allungando. «In particolare alle elementari e alle medie », racconta Gabriella Tona, rettore del Leone XIII. Il motivo: «La qualità dell'insegnamento e la stabilità degli insegnanti che trasmettono il nostro messaggio educativo». Quanto agli stranieri, il primo rettore donna nella storia dell'istituto gesuita commenta così: «Per fare accoglienza non bastano un banco e un quaderno. Servono tempo e risorse, capisco la difficoltà dei colleghi».
E poco importa se le scuole di frontiera
sono le più vitali della città —
corsi di arabo per le mamme (in via Dolci), progetti di
alfabetizzazione (in via Console Marcello), sportelli di «psicologia
transculturale» (in via Russo) —: la fuga continua. Nonostante
insegnanti impegnati e tanta fatica. La preside di via Russo,
Annalisa Muschio, sospira: «Il fatto di essere stati riconosciuti
come "scuola a rischio" ci ha consentito di avere qualche
finanziamento in più». Carla Daverio, dirigente in via Console
Marcello (45% stranieri, la maggior parte rom), pensa positivo: «Da
quando la Casa della carità gestisce il campo di via Triboniano va
meglio. Le private? La nostra utenza non se le può permettere ».
Possono, invece, i genitori di via Scialoia (39% non italiani): «È
vero, la concorrenza c'è — racconta Ida Morello — e per questo
chiediamo uno sforzo di accoglienza a tutti gli istituti statali
della città. Troppi presidi non accettano gli stranieri nei loro
istituti». |