LE BUSSOLE Maledetti professori. Ilvo Diamanti, la Repubblica 25.7.2008
IL "PROFESSORE", ormai, primeggia solo fra le
professioni in declino. Che insegni alle medie o alle
superiori ma anche all'università: non importa. La sua reputazione
non è più quella di un tempo. Anzitutto nel suo ambiente. Nella
scuola, nella stessa classe in cui insegna. Gli studenti guardano i
professori senza deferenza particolare. E senza timore. In fondo,
hanno stipendi da operai specializzati (ma forse nemmeno) e
un'immagine sociale senza luce. Non possono essere presi a "modello"
dai giovani, nel progettare la carriera futura. Molti genitori hanno
redditi e posizione professionale superiori. E poi, la cultura e la
conoscenza, oggi, non vanno di moda. E' almeno da vent'anni che tira
un'aria sfavorevole per le professioni intellettuali. Guardate con
sospetto e sufficienza.
Competenze apprese "fuori" da scuola. Così i
professori sono scivolati lungo la scala della mobilità sociale. Ai
margini del mercato del lavoro. Figure laterali di un sistema - la
suola pubblica - divenuto, a sua volta, laterale. Poco rispettati
dagli studenti, ma anche dai genitori. I quali li criticano perché
non sanno trasmettere certezze e autorità; perché non premiano il
merito. Presumendo che i loro figli siano sempre meritevoli. Va detto che i professori hanno contribuito ad alimentare questo clima. Attraverso i loro sindacati, che hanno ostacolato provvedimenti e riforme volti a promuovere percorsi di verifica e valutazione. A premiare i più presenti, i più attivi, i più aggiornati, i più qualificati. Così è sopravvissuto questo sistema, che penalizza - e scoraggia - i docenti preparati, motivati, capaci, appassionati. Peraltro, molti, moltissimi. La maggioranza. In tanti hanno preferito, piuttosto, investire in altre attività professionali, per integrare il reddito. O per ottenere le soddisfazioni che l'insegnamento, ridotto a routine, non è più in grado di offrire. Sono (siamo) diventati una categoria triste. Negli ultimi tempi, tuttavia, il declino dei professori è divenuto più rapido. Non solo per inerzia, ma per "progetto" - dichiarato, senza infingimenti e senza giri di parole. Basta valutare le risorse destinate alla scuola e ai docenti dalle finanziarie. Basta ascoltare gli echi dei programmi di governo. Che prevedono riduzioni consistenti (di personale, ma anche di reddito): alle medie, alle superiori, all'università. Meno insegnanti, quindi. Mentre i fondi pubblici destinati alla ricerca e all'insegnamento calano di continuo. Dovrebbe subentrare il privato. Che, però, in generale se ne guarda bene. Ad eccezione delle Fondazioni bancarie. Che tanto private non sono. D'altra parte, chissenefrega. I professori, come tutti gli statali, sono una banda di fannulloni. O almeno: una categoria da tenere sotto controllo, perché spesso disamorati e impreparati. Maledetti professori. Soprattutto del Sud. Soprattutto della scuola pubblica. E - si sa - gran parte dei professori sono statali e meridionali. Maledetti professori. Responsabili di questa generazione senza qualità e senza cultura. Senza valori. Senza regole. Senza disciplina. Mentre i genitori, le famiglie, i predicatori, i media, gli imprenditori. Loro sì che il buon esempio lo danno quotidianamente. Partecipi e protagonisti di questa società (in)civile. Ordinata, integrata, ispirata da buoni principi e tolleranza reciproca. Per non parlare del ceto politico. Pronto a supplire alle inadempienze e ai limiti della scuola. Guardate la nuova ministra: appena arrivata, ha già deciso di attribuire un ruolo determinante al voto in condotta. Con successo di pubblico e di critica. Maledetti professori. Pretendono di insegnare in una società dove nessuno - o quasi - ritiene di aver qualcosa da imparare. Pretendono di educare in una società dove ogni categoria, ogni gruppo, ogni cellula, ogni molecola ritiene di avere il monopolio dei diritti e dei valori. Pretendono di trasmettere cultura in una società dove più della cultura conta il culturismo. Più delle conoscenze: i muscoli. Più dell'informazione critica: le veline. Una società in cui conti - anzi: esisti - solo se vai in tivù. Dove puoi dire la tua, diventare "opinionista" anche (soprattutto?) se non sai nulla. Se sei una "pupa ignorante", un tronista o un "amico" palestrato, che legge solo i titoli della stampa gossip. Una società dove nessuno ritiene di aver qualcosa da imparare. E non sopporta chi pretende - per professione - di aver qualcosa da insegnare agli altri. Dunque, una società senza "studenti". Perché dovrebbe aver bisogno di docenti?
Maledetti professori. Non servono più a nulla.
Meglio abolirli per legge. E mandarli, finalmente, a lavorare. |