La bolgia è sempre esistita, ma nella società
"liquida" Se la violenza diventa normale. n quella faccia spaccata al Berchet una violenza diventata "normale" Michele Serra, la Repubblica 9.6.2008 Sabato pomeriggio. Uova e farina sui marciapiedi davanti a molti licei italiani. Impastati con l'acqua dei gavettoni, e qualche occasionale spruzzo di sangue laddove la festa spontanea di fine scuola è trascesa, e si è conclusa al pronto soccorso. Sono stato testimone indiretto, a Milano, di un breve ma cruento pestaggio, davanti al liceo classico Berchet, concluso con una faccia diciassettenne spaccata a pugni e testate, e una Tac al pronto soccorso del Policlinico, per l'amarissima stupefazione dei genitori di picchiatore e picchiato (le strade attorno erano un piccolo, grottesco lascito della guerricciola pre-goliardica: una melma di uova e cartoni, e qualche pensionato che magari, guardando la frittata, si faceva i conti in tasca…). Il giorno dopo ho letto scampoli di cronache analoghe. A Roma una ragazza, davanti a un liceo artistico, è stata impanata di uova, e graffi, e ceffoni, da un manipolo di compagne ostili. Ospedale anche per lei, sotto choc. A Bologna il classico Minghetti, a Roma il Mamiani, due vecchie e perduranti glorie dell'istruzione superiore italiana, insomma scuole per famiglie abbienti, hanno chiuso i battenti con un giorno d'anticipo per evitare una solfa che, evidentemente, si ripete da qualche anno. In genere preceduta da una notte festante, e bianca, che prevede di raggiungere la scuola direttamente dalle discoteche. Niente di troppo grave, e per carità non si aggiunga anche l'"emergenza liceali" alle tante sirene mediatiche che ululano non sempre a tono, non sempre ragionevolmente. Anche perché gli eccessi di adrenalina e di testosterone - seppure non corroborati da uguale dose di alcol e stupefacenti, che oggi scorrono a fiumi - tra i maschi giovani sono sempre esistiti (la novità, semmai, è il maschilismo delle ragazze, che si imbrancano, insultano e menano quasi con pari entusiasmo). È sempre esistito il fescennino, il carnevale, la bolgia organizzata, la sospensione di massa delle regole, la fiesta sopra le righe e sotto il buon gusto. Solo che, anche confrontando con altri genitori il tasso di allegra protervia, e di gaglioffaggine, e di rischio, delle nostre ormai lontane adolescenze, l'impressione è che una trasgressione massificata e invasiva, "a pioggia" e dunque inafferrabile, incontrollabile, abbia preso il posto delle tempeste individuali, o di piccoli gruppi. Che furono, ai nostri tempi, perfino più pericolose ed estreme (basti pensare alla violenza politica), ma riconoscibili per qualità e intenzione. La violenza poteva essere rivendicata o ripudiata, ma certo non poteva rimanere nel limbo dell'ordinarietà. Adesso invece: è come se nella società "liquida", e cioè non più aggrumata attorno alle classi sociali, ai loro costumi e alle loro ideologie, si fosse resa liquida anche l'aggressività, un'aggressività disorganizzata e casuale, futile e indefinibile. Che non si raccoglie più nei bacini bene identificati, e rivendicati, della prepotenza politica, o delle "cattive strade" e delle "cattive compagnie": tanto è vero, per dire solo un aspetto però macroscopico della nuova situazione, che le droghe di ogni ordine e grado oggi non sono più percepite dai ragazzi come una devianza, o un percorso esperienziale e addirittura culturale come prevedeva la moda della psichedelia: ma come un banale consumo. Come le uova. E se la ricerca del rischio, che è tipica di ogni adolescenza maschile, non ha più "specializzazione", allora non ha più specializzazione, né orientamento, neanche l'ansia degli adulti e dei genitori, dei politici e degli educatori, quelli distratti come quelli premurosi. I nostri genitori si angosciavano quando noi si andava alle manifestazioni studentesche, o quando si partiva in autostop, o quando le stagioni assembleari e le occupazioni delle scuole resero più facili e promiscui i costumi sessuali. Per il resto, almeno apparentemente (e le apparenze contano) la vita "normale" scorreva con minore allarme: per convenzione più che per convinzione, la quotidianità era una vasta zona protetta in mezzo alla quale, qui e là, si aprivano i crepacci del pericolo, e dei comportamenti "cattivi".
Oggi no. Oggi l'aggressività (e la sua forma
patologica, la violenza) non è più un temporale localizzato, è una
pioggia sottile che pervade atteggiamenti e occasioni un tempo
neutri e protetti, come le serate fuori casa, come una festa da
ultimo giorno di scuola. Questa indeterminatezza della violenza
inferta e subita, questo suo essere senza nome, probabilmente rende
anche più difficile viverla, affrontarla, superarla come si superano
le fasi della vita. Passare una giornata al Pronto soccorso e non
capire bene perché non dev'essere semplice. Forse si dovrebbe
ripartire dal prezzo delle uova: fare parlare i lanciatori con il
pensionato per il quale un uovo è un pranzo. Ma organizzare il
tavolo del colloquio bilaterale liceali-pensionati è un'impresa
troppo ardua per chiunque. Ecco perché alcuni presidi, tagliando la
testa al toro, hanno deciso di chiudere le loro scuole con un giorno
di anticipo: un altro piccolo passo sulla strada della capitolazione
degli adulti. |