Tutti i tagli della scuola. Le cancellazioni provincia per provincia. di Gianni Trovati, da Il Sole 24 Ore del 30.6.2008. Gli «standard europei». Sono loro la stella polare, espressamente citata, del piano di riorganizzazione del Dl 112/2008 che secondo le intenzioni del Governo dovrebbe condurre la scuola italiana verso i lidi (inesplorati) dell'efficienza gestionale. Con un principio, semplice sulla carta, che ispira più di un intervento di questa manovra d'estate: la razionalizzazione serve per creare efficienza, ma l'efficienza va anche finanziata con una parte dei risparmi ottenuti alleggerendo i costi di sistema. Nel caso della scuola, il bottino è consistente e progressivo, e dai 456 milioni dell'anno prossimo, all'esordio delle nuove misure, secondo i tecnici di Palazzo Chigi dovrebbe volare fino a 3,2 miliardi nel 2012. Il 30% di questo bottino, una volta che sarà certificato, andrà ad alimentare un fondo ministeriale chiamato a erogare, nell'ambito della contrattazione, risorse per «la valorizzazione e lo sviluppo professionale del personale della scuola». Sul terreno, però, gli organici sono destinati a lasciare 87.335 cattedre (20mila delle quali cancellate dalla prima razionalizzazione, quella dettata dalla Finanziaria 2008, che sarà applicata di pari passo con il nuovo piano) e 45mila posti da ausiliari tecnico-amministrativi (il 17% del totale). Il criterio-guida è l'innalzamento di un punto entro quattro anni del rapporto alunni/docenti, che oggi in Italia è di 8,9 allievi per docente, a livelli molto più bassi dei principali Paesi europei. Il Sole-24 Ore (si veda la tabella a fianco) ha calcolato gli effetti di questo indicatore sugli organici provinciali delle scuole del 2007/2008, che rappresentano la base di partenza del piano governativo: applicando l'indicatore scritto in manovra, il sacrificio più consistente dovrebbe riguardare la scuola primaria, in cui si concentra il 34,7% dei posti tagliati, seguita dalle scuole superiori (29,5%). A livello territoriale, invece, a guidare questa graduatoria del dimagrimento è Napoli, che sull'altare dell'efficienza dovrebbe immolare qualcosa come 4.124 posti da insegnante; seguono Roma (3.892), Milano (3.451) e, più distaccata, Torino (2.149). I calcoli in tabella riguardano solo la nuova ondata di tagli determinata dalla manovra estiva del Governo Berlusconi: aggiungendo al conto anche quelli inseriti nell'ultima Finanziaria targata Prodi i numeri crescono di quasi il 30%, ma la loro distribuzione territoriale diventa ancora più incerta. La norma (articolo 2, commi 411-12 della legge 244/2007) interviene soprattutto sulle scuole superiori, imponendo in particolare criteri più rigidi per la formazione delle prime classi e per l'attivazione degli ex corsi sperimentali dei licei. Anche per la nuova stretta, inoltre, gli effetti territoriali potrebbero variare, perché il criterio numerico va perseguito anche attraverso un ridisegno dei piani di studio e degli orari nei diversi ordini di scuola, compresa una «rimodulazione dell'attuale organizzazione didattica della scuola primaria». Una previsione in cui i sindacati, a partire da Enrico Panini della Cgil Scuola, intravedono il ritorno al maestro elementare unico. In generale, comunque, a sparire dall'orizzonte nel prossimo quadriennio sarà una cattedra ogni dieci e il 17% dei posti del personale Ata. Una «cura da cavallo», come ha riconosciuto lo stesso ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini (si veda l'intervista sul Sole 24 Ore del 25 giugno), secondo cui però passa da qui l'unica strada per rimettere in carreggiata il rapporto costi/qualità del servizio-scuola. Che dal confronto europeo, evocato dal Dl, esce malconcio: rispetto all'Europa, come si legge nell'ultimo rapporto Ocse, le aule italiane "vantano" un rapporto alunni/docenti più basso del 28,9% nella scuola primaria, del 15,1% alle medie e del 6,8 alle superiori. Il risultato è che ogni studente costa circa mille dollari in più (a parità di potere d'acquisto), mentre le performance di apprendimento vedono l'Italia sprofondare progressivamente nelle classifiche internazionali.
I sindacati contestano questa lettura e
soprattutto il suo pilastro, quello del rapporto alunni/docenti.
Deformato, sottolineano, dalla caratteristica italiana dell'alto
numero di docenti di sostegno. Il confronto si annuncia serrato, ma
il futuro si fa più incerto anche per un'altra peculiarità della
nostra scuola: gli oltre 340mila precari in lista d'attesa. Mentre
gli organici si comprimono, rallenta infatti anche la corsa ai
pensionamenti: gli aventi diritto quest'anno sono 25mila, meno della
metà di quanti si sono affollati l'anno scorso allo scadere della
«quota 92», e finora all'Inpdap sono arrivate solo 12.800 domande.
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