La proposta di Giavazzi Il ministro e l'idea
Gelmini: prof e assunzioni, Lorenzo Salvia, Il Corriere della Sera, 16.6.2008 ROMA — Abbandonare i concorsi pubblici nazionali. E pensare ad un sistema più flessibile per il reclutamento dei nuovi insegnanti: con i presidi che possono decidere chi assumere, ad esempio, e anche per quali materie assumerli. A patto di pagare le conseguenze di un'eventuale scelta sbagliata. La proposta lanciata ieri sul Corriere della sera dal professor Francesco Giavazzi trova l'appoggio del ministro della Pubblica istruzione, Mariastella Gelmini: «Il professor Giavazzi — dice il ministro — individua con chiarezza uno dei fattori critici del nostro sistema educativo: il meccanismo del reclutamento. Quello attuale è per molti versi fonte di rigidità e soprattutto, una volta entrati nella scuola, non c'è più modo di aggiornarsi e di essere messi in discussione. Ho già detto che dobbiamo dare di più ai nostri insegnanti e allo stesse tempo pretendere di più nell'interesse dei ragazzi». Da qui l'apertura del ministro, nella speranza che alla proposta di Giavazzi ne seguano altre: «Vorrei sollecitare le menti più aperte del nostro panorama intellettuale, imprenditoriale, sindacale e politico a proporre soluzioni che ci aiutino a superare l'impostazione statalista della scuola italiana. Lo sviluppo del segmento della valutazione farà il resto. Ma è chiaro che la strada è quella di un più agile meccanismo di reclutamento, valutazione del lavoro di docenti e dirigenti, valorizzazione dell'autonomia e della creatività della scuola». Superare l'impostazione statalista della scuola italiana, dice il ministro. Inevitabile pensare alle scuole private e ai buoni sperimentati con il ministro Moratti che, sempre secondo Giavazzi, rischiano di diventare «solo un regalo agli istituti che promettono facili promozioni ». Una critica che il ministro Gelmini respinge: «Le scuole private non sono dispensatrici di facili promozioni più di quanto lo siano le scuole pubbliche: intendo dire che ce ne sono molte serissime e poche di scarsa qualità. Se molte famiglie cercano facili promozioni, è anche perché ritengono che il contributo della scuola sia irrilevante per il successo lavorativo ed economico dei loro figli. È questa la perdita di senso della scuola che dobbiamo recuperare». La settimana scorsa il ministro ha annunciato in Parlamento l'intenzione di adeguare gli stipendi degli insegnanti italiani alla media europea, più elevata. I fondi necessari per un'operazione difficile come questa potrebbero essere trovati riducendo gli organici: «Nella scuola italiana abbiamo una media di dieci studenti per docente, contro i 13 della Spagna, i 14 della Francia, i 16 della Germania e i 20 della Gran Bretagna. Nazioni che nella preparazione scolastica ottengono risultati migliori dei nostri. A stipendi europei devono corrispondere parametri europei. E produttività europee. Credo che Tremonti condividerà questa impostazione». Fermo restando l'impegno ad assumere i 50 mila docenti precari, «ereditato dal governo precedente con la Finanziaria 2007 secondo un piano triennale. Rispetteremo gli impegni presi dallo Stato, compatibilmente con le risorse disponibili e le necessità della scuola».
Resta da sciogliere un nodo, come premiare gli
insegnanti che lavorano di più e meglio. Nell'ultimo contratto di
categoria si dice che possono essere premiate le scuole, non i
singoli insegnanti, sulla base dei risultati rilevati dal sistema di
valutazione nazionale. I sindacati dicono che di questo bisogna
parlare. «Se è un inizio, è un buon inizio», secondo il ministro che
però guarda anche ad altro. Gli stipendi degli insegnanti italiani
sono bassi. Ma anche le ore di lavoro, rispetto all'estero e
rispetto ad altri settori, sono inferiori: «Si potrebbe immaginare
un orario differenziato — dice Gelmini — che premi i docenti che
assicurino un impegno lavorativo prolungato e abbiano maturato
un'esperienza professionale più qualificata». |