Il nodo della parità incompiuta/2. Tuttoscuola, 3 giugno 2008 La controversia giuridico-politica sul significato e sulla portata dell'inciso "senza oneri per lo Stato", inserito nell'art. 33 della Costituzione da una maggioranza sinistra-liberali che isolò i cattolici, ha attraversato il dopoguerra, dando luogo anche ad una significativa giurisprudenza della Corte Costituzionale. La sortita di Benedetto XVI e del suo autorevole interprete Bagnasco potrebbe aprire ora un nuovo capitolo di questa tormentata storia. In linea teorica il nodo del finanziamento delle scuole paritarie può essere tagliato in due modi assai diversi: dando soldi direttamente alle scuole paritarie oppure dandoli ai genitori degli allievi di queste scuole. La prima soluzione sembra quella più contrastante con la nota preclusione costituzionale verso il finanziamento di scuole istituite da "enti e privati", ma la legge n. 62 del 2000, introdotta dal centro-sinistra, ha modificato lo status delle scuole che ottengono la parità riconoscendone il ruolo di soggetti inseriti a pieno titolo nel sistema pubblico nazionale di istruzione. E' su questa base che il cardinal Bagnasco ha formulato la sua richiesta. E' chiaro tuttavia che il finanziamento automatico di tutte le scuole paritarie sarebbe a rischio di incostituzionalità, e provocherebbe fortissime tensioni politiche. La seconda soluzione appare meno contrastante con la lettera della Costituzione perché rientra nella sfera del "diritto allo studio" (art. 34 Cost.) che non fa distinzione tra allievi dei diversi tipi di scuola, statali o paritarie, ma rientrando nella competenza delle Regioni potrebbe dar luogo a interpretazioni e trattamenti differenti, anch'essi in qualche caso di dubbia costituzionalità, e comunque non consentirebbe di distinguere tra scuole buone e cattive, rimettendo la scelta ai genitori a prescindere dalla qualità dell'offerta formativa delle singole scuole.
Un terreno di esplorazione potrebbe essere costituito da un sistema
di "buoni scuola" nazionali (del tipo dei grants anglosassoni) da
assegnare a quelle scuole, statali o paritarie, che soddisfano
determinati standard e si impegnano a migliorare la qualità dei
risultati formativi in un determinato tempo, sottoponendosi a
verifiche oggettive. I fondi del "diritto allo studio" regionali
(più altre misure ad altri livelli) potrebbero essere finalizzati in
modo più mirato ed efficace a premiare il merito individuale, mentre
i buoni scuola nazionali agirebbero da incentivi per il
miglioramento della qualità dell'offerta delle singole scuole,
statali e non. Sarebbe un modo per coniugare merito e qualità. |