I cinesi studiano troppo,
vista a rischio.

Interviene il ministro: «Due ore di ginnastica
per salvare gli occhi dei bambini secchioni»

Francesco Sisci, La Stampa, 8.6.2008

PECHINO
Yu Xijie, 18 anni, praticamente non dorme più da tre mesi. La madre la imbocca come faceva quando era piccola, con dei ravioli ripieni di carne e verdura. Lei storce la bocca, la apre per un mezzo boccone, appena quanto basta per non levare gli occhi dai libri, per non lasciarsi sfuggire questa occasione unica per entrare in una buona università.

Yu Xijie sa che lunedì prossimo, insieme ad altri 10,5 milioni di ragazzi, affronterà l’esame della vita, il gao kao, il test di ammissione all’università. Il sistema è antico e competitivo: gli stessi alti dirigenti cinesi lo incarnano. Ma il governo comincia ad essere preoccupato: si sta scatenando un’epidemia di presbiopia, causata dalle troppe ore passate a studiare. Il ministro dell’Istruzione è già corso ai ripari: tutti gli studenti dovranno fare esercizi per gli occhi due volte al giorno, fin dalle elementari. Ma i problemi di salute non fermeranno la tradizione.

Hu Jintao, l’attuale presidente, cominciava da sotto zero, veniva da una delle famiglie peggiori per il nuovo stato comunista: il padre era mercante di te. Ma superò lo stesso gli esami per Qinghua, la migliore università scientifica della Cina.

Così i ragazzi cinesi si ammazzano di studio. I presidi dei licei hanno il problema di farli riposare. «Chiudiamo le luci alle 10 di sera, ma i ragazzi studiano sotto le coperte con le pile, per non farsi scoprire» dice sconsolato un professore della scuola media n° 13 di Pechino.

La Cina è enorme, le università poche e quelle buone, di livello, ancora di meno. È una tortura di studio per i ragazzi, e ancor di più per i genitori. Chi ha i mezzi cerca di salvare il figlio mandandolo a fare il liceo all’estero, dove il posto all’università è assicurato. Ma si entra in una graduatoria a parte. Nella selettivissima Cina va bene andare all’estero per un dottorato ma, se l’università non è cinese, si rischia di essere messi da un lato: il denaro dei genitori non vale quanto la bravura di un ragazzo delle campagne del Jiangxi che ha vinto uno dei 17 posti all’anno disponibili per la sua provincia a Qinghua.

In fondo è forse tutto qui: essere secchioni dà successo. Chissà se hanno ragione da loro o da noi, dove gli esami si superano con i bignamini e dove "selezone meritocratica" sembra un insulto e quello che era l'ultimo della classe magari finisce promosso dirigente.