Oggi è l'ultimo giorno possibile per
l'iscrizione alle superiori
Una scelta difficile per i 600mila ragazzi usciti dalle medie
La trappola del primo anno
record di bocciati al liceo.
Le statistiche: il 30% sarà bocciato, o getterà
la spugna prima dell'estate
Un professore: "Spesso i genitori non pensano ai figli, ma a loro
stessi"
Maurizio Crosetti, la Repubblica
del 30.1.2008
Si chiude oggi il conto
alla rovescia per una delle decisioni più complicate della vita: dove
iscrivere i ragazzi alle superiori, e magari perché. Un problema che
riguarda 600 mila studenti. Anche perché i numeri forniti dall'Istat,
dimostrano che un tredicenne su tre cadrà al primo ostacolo e non
concluderà l'anno scolastico, oppure sarà bocciato. Il secondo
tredicenne su tre, sempre secondo le statistiche, verrà invece
promosso con riserva.
Tra i settecentoquindici incastri di quel sudoku che è la nostra
scuola si è spalancato un immane spettro di possibilità che va dalla
traduzione di Seneca alla guarnizione di una torta Saint Honorè,
spaziando da Heidegger alla filettatura di una vite: pare che per
trovare lavoro sia oggi più utile la seconda del primo (se ne può
discutere), però non ditelo ai genitori dei tredicenni in cerca
d'autore, cioè di professore.
Si chiude oggi il conto alla rovescia per una delle decisioni più
complicate della vita: dove iscrivere i ragazzi alle superiori, e
magari perché. Un problemone per 600 mila studenti. I numeri,
impietosi non soltanto quando c'è interrogazione di matematica,
dimostrano che un tredicenne su tre cadrà al primo ostacolo e non
concluderà l'anno scolastico, oppure sarà bocciato. Se Tizio sbaglia
in partenza, il suo amico Caio non ci rimette le penne ma quasi: il
secondo tredicenne su tre verrà promosso con riserva, mettendo cioè
nello zainetto (firmato) uno o più "debiti formativi", ovvero quell'invenzione
lievemente ipocrita che serve a promuovere facendo finta di rimandare.
Dei tre amici usciti dalle medie dodici mesi prima, solo il brillante
Sempronio andrà in seconda con le proprie gambe. Difficile sostenere
che un fallimento e mezzo su tre (Tizio, più mezzo Caio) non sia, in
realtà, una bocciatura per l'intero sistema. Ed è anche la prova che
ragazzi e famiglie non sanno come scegliere, e molte volte sbagliano.
"La mancanza di orientamento è la vergogna scolastica nazionale". Non
cerca l'eufemismo il professor Tullio De Mauro il quale, da illustre
linguista qual è, le parole per dirlo diversamente (e più
morbidamente), volendo le troverebbe. "Una vergogna perché le opzioni
sono troppe, e bisognerebbe semplificare. Un tempo c'erano la strada
classica o quella tecnica: non dico fosse l'ideale, però oggi abbiamo
intere generazioni allo sbando. Il vero problema sono gli adulti, i
quali dovrebbero aiutare i bimbetti tredicenni a scegliere: secondo le
ultime indagini, il 19,8 per cento dei grandi non possiede i requisiti
minimi per orientarsi nelle decisioni, e addirittura il 41 per cento
fatica a decifrare uno scritto, anzi una scritta. Formare gli adulti
dovrebbe essere la prima preoccupazione del prossimo governo e
Parlamento".
Ma perché i licei sono diventati così popolari? "Non certo per un
improvviso amore verso Atene o Roma. Il merito è della signora Moratti,
che quand'era ministro ipotizzò di regionalizzare le scuole tecniche
lasciando allo Stato i licei: molti si rifugiarono lì, una fuga e non
una scelta. Anche da parte degli insegnanti".
Ma perché si manda il figlio al liceo, e qualche volta all'Itis?
Perché i genitori hanno studiato lì. Perché altri amici e compagni
delle medie ci vanno, e mica vorremo separare le creature. Perché i
prof delle medie qualcosa hanno consigliato (ma in troppi non li
ascoltano). Perché si va per esclusione: chi odia la matematica
finisce al classico, come se là non esistesse. Oppure perché qualche
istituto scolastico si è fatto pubblicità meglio degli altri. È la
famigerata macchina del "pof", il "piano dell'offerta formativa" che
rappresenta ormai il contratto integrativo delle scuole.
Chi si vende meglio, o s'inventa il corso più fantasioso e allettante,
si accaparra gli iscritti: e i numeri sono vitali da quando è stata
introdotta l'autonomia che ha trasformato le scuole in piccole
aziende, regalando loro soprattutto vezzi e vizi delle medesime, più
che le virtù. "Una giungla che - dicono dal ministero della pubblica
istruzione - Fioroni aveva già in mente di snellire. Ma a questo punto
non possiamo che augurarci che i futuri inquilini di viale Trastevere
agiscano di conseguenza".
Ed eccoli, dunque, gli specchietti per intere famiglie di allodole.
Corsi di archeologia, hitball (una specie di palla muro), bridge,
vela, ascolto di musica jazz, lingua aggiuntiva, "patentini" (non per
il motorino, ma ci si arriverà), corsi di recitazione all'accademia di
arte drammatica (forse per simulare malanni in vista del compito in
classe) e scambi culturali con annesso viaggio e soggiorno (anche sei
mesi) dall'altra parte del mondo. Così la scuola italiana assomiglia
un po' ad un'agenzia turistica, e un po' al famoso liceo "Marilyn
Monroe" del film Bianca di Nanni Moretti, con la foto di Zoff appesa
al muro invece di quella del presidente, e i ragazzini che hanno
sempre ragione.
Ormai ci sono licei costretti al test d'ingresso sul modello
universitario, perché scoppiano di iscritti: a dicembre è accaduto al
civico liceo linguistico "Manzoni" di Milano, 600 aspiranti per 250
posti a disposizione, sessanta domande e due ore di tempo. Così i
poveri tredicenni vengono spediti a scalare aoristi o equazioni con
enormi incognite, senza tenere conto del mercato che vede restare
vacanti 85 mila posti di lavoro ogni anno: le aziende cercano figure
professionali intermedie e non le trovano, perché stanno tutte a
studiare filosofia. Del resto Paola Mastrocola, insegnante e
scrittrice, lo ripete da tempo: per uscire dall'impasse della crisi da
superofferta scolastica "bisognerebbe dare pare dignità a tutti i tipi
di scuola". E invece...
"Non lo diciamo noi, che forse saremmo di parte. Lo dice l'Unione
Industriale". Il professor Nino Moro è da vent'anni il preside
dell'istituto tecnico industriale "Pininfarina" di Torino. "E non è un
problema di orientamento: spesso i genitori non pensano ai figli ma a
loro stessi, e al molto ipotetico prestigio legato a una scuola
piuttosto che ad un'altra. Ma i guai arrivano da lontano. Nel primo
anno delle superiori, vengono al pettine tutti i nodi non sciolti
dalla scuola media. Che, com'è noto, promuove tutti. Ma qui arrivano
ragazzini che non sanno le quattro operazioni, e men che mai scrivere
senza erroracci". Una zavorra, quella della scrittura, pesante come
un'incudine e non certo privilegio degli Itis: la stragrande
maggioranza dei laureandi non sa scrivere in italiano corretto, anche
perché all'università è quasi scomparsa la prova scritta, sostituita
spesso da quiz tipo patente di guida, e deve frequentare corsi
specialistici prima di affrontare la tesi (per tacere dell'ultima
sessione di esami per diventare procuratore, con centinaia di laureati
in giurisprudenza capaci di strafalcioni clamorosi).
"La situazione è di vera emergenza" prosegue il preside del "Pininfarina".
"Ragazzi che non sanno quasi nulla, seguiti pochissimo in casa, assai
peggiorati anche nel comportamento verso compagni e professori. È così
che l'allarme educativo e culturale si può trasformare in allarme
sociale".
Tizio sbaglia scelta, Caio quasi. Uno studente su due dovrà
frequentare i corsi di recupero, autentica novità "interna" della
scuola italiana: ulteriore carico di lavoro per insegnanti, visti
ancora come il male assoluto e non come le vittime di ragazzi,
famiglie e Stato, quali spesso sono: sottopagati e sottoconsiderati
(questo sempre). Regna sovrano il caos su organizzazione, gestione e
retribuzione dei corsi medesimi, mentre tornano d'attualità le lezioni
private, tassa che i genitori pagano dopo avere sbagliato scelta, loro
e i loro pargoli. Pensarci prima, no?
Ma non è tutto così nero. C'è chi lavora molto su come indirizzare i
ragazzini alla scelta. Ad esempio il liceo classico "Gioberti" di
Torino, che negli ultimi anni ha visto il numero degli allievi in
continua crescita. La professoressa Stefania La Manna fa parte della
commissione orientamento. Più per i genitori o più per i figli? "Le
famiglie s'informano parecchio, confrontano le offerte formative delle
varie scuole e infine decidono. Noi effettuiamo incontri collettivi, e
tutti i sabati mattina siamo a disposizione per colloqui individuali.
Lo sforzo della nostra scuola è rendere più moderno il liceo classico:
abbiamo un indirizzo tradizionale, e un altro con tre lingue straniere
ma senza il greco. Per tutti più matematica e inglese, che si studia
fino al quinto anno". Ma perché si va così tanto al liceo? "Perché,
nel timore di ventilati cambiamenti e riforme, si preferisce affidarsi
alla tradizione culturale italiana". Ma non è che la scuola sia
diventata troppo severa, per questi tredicenni? "Anzi, semmai è il
contrario. Sono i ragazzini ad arrivare alle superiori meno
attrezzati. Anche la possibilità di scelta è più ampia di un tempo,
compresa quella di sbagliare. E non sarebbe male se i genitori
ascoltassero con maggiore attenzione i consigli orientativi degli
insegnanti delle medie". Tizio ne guadagnerebbe, e pure Caio.