Anche in Italia la Geografia è poco amata
De Vecchis (Aiig): "Renderla una materia viva"
E per i nostri alunni Pistoia è in Nebraska.
Salvo Intravaia, la Repubblica
del 18/1/2008
ROMA - Se in Inghilterra
la Geografia non riesce a suscitare l'interesse degli alunni, e gli
adulti arrancano, anche in Italia le cose non vanno certo meglio. Lo
ha confermato recentemente lo stesso ministro della Pubblica
istruzione, Giuseppe Fioroni, che partecipando ad un convegno ha
detto: "Non è accettabile che molti adulti non sappiano fare una
moltiplicazione a mente oltre il numero cinque e che, come è risultato
da un sondaggio, il 18 per cento pensi che Pistoia sia nel Nebraska".
Poveri abitanti della città toscana. I primi campanelli d'allarme di
una non troppo strisciante carenza di conoscenze specifiche era emersa
anche dall'ultima indagine condotta dell'Invalsi, l'Istituto nazionale
per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di
formazione, sugli apprendimenti degli alunni italiani. Nel 2005-2006,
il 65 per cento degli studenti che frequentavano il primo anno delle
scuole superiori non ha saputo rispondere correttamente alla domanda
che chiedeva quali fossero "i fattori che determinano il clima di una
regione". Figuraccia alla quale non si sono sottratti neppure 6
ragazzini su 10 della prima media che quando si parla di "solstizi"
non sa che pesci prendere.
E ancora. "Molti ragazzini pensano che il Po sfoci nel mar Tirreno o
che il Gran Sasso si trovi nelle Alpi", dice Gino De Vecchis,
presidente dell'Associazione italiana insegnanti di Geografia (Aiig).
Insomma, un mezzo disastro anche in Italia? Sembrerebbe di sì. "Nel
nostro Paese - spiega De Vecchis - le conoscenze nel campo della
Geografia sono bassissime, come del resto in altre discipline. Ma per
la Geografia il problema è ancora più complesso".
Secondo il docente, al disinteresse per la materia contribuirebbero
gli stessi insegnanti e la struttura dei curricoli. Metodi a volte
antiquati e pochissime ore di lezione destinate allo studio di nazioni
e fenomeni geografici fanno letteralmente addormentare i ragazzini
attratti da tutt'altro. "E' evidente che, oggi, proporre agli alunni
l'insegnamento della Geografia facendo imparare a memoria gli
affluenti di un fiume, magari in ordine, o i monti di una regione è la
maniera meno idonea per suscitare l'interesse". E la scuola, cosa
c'entra? "Dalla scuola media al superiore la nostra materia viene
insegnata soprattutto da professori di Lettere o Scienze che insegnano
contemporaneamente altre materie alle quali, anche per esigenze di
tempo, danno più spazio". Allo scientifico, per esempio, la geografia
la insegna il professore di Scienze, al classico il docente di Storia
e nella maggior parte degli istituti tecnici viene insegnata per un
solo anno. Per uscire dal tunnel dell'ignoranza occorrerebbe "rendere
la Geografia una materia viva affrontando anche i problemi della
clima, come l'effetto serra e la desertificazione, o i problemi
antropici: sovrappopolazione, spopolamenti e migrazioni".
Il presidente dell'Aiig, che ha contribuito alla stesura delle "Nuove
indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e
del primo ciclo di istruzione" sostiene che il problema deve essere
affrontato una volta per tutte. E le vecchie conoscenze riguardanti le
città, le capitali, i fiumi e i laghi? "Anche quelle sono importanti
ma non devono essere il fine dell'insegnamento", conclude De Vecchis.