Protesta contro i tagli alle università Mondo accademico sul piede di guerra. da ItaliaOggi del 10/1/2008
Rettori, docenti, ricercatori, dottorandi: è un
coro unanime di protesta contro la situazione di stallo che si è
venuta a creare nell'università, ma anche contro i tagli nella
Finanziaria e il decreto milleproroghe. Ma sono soprattutto i tagli
introdotti con il maxiemendamento alla manovra che proprio non vanno
già alla Conferenza dei rettori e che «vanificano la possibilità di
dar corso a qualsiasi patto per l'università». Tenuto conto, infatti,
di questi tagli, della mancanza del finanziamento per l'edilizia,
degli oneri per gli incrementi stipendiali, il Fondo incrementale di
550 ml di euro, al netto del riallineamento tra il 2007 e 2008, si è
secondo la Crui «letteralmente volatilizzato e il saldo finale diventa
addirittura negativo». A fronte quindi di grande sconcerto e
preoccupazione i rettori chiedono al governo «se e in che misura si
intendano ancora rispettare i tanti impegni e proclami nei confronti
della ricerca e dello sviluppo manifestati nel corso di questi ultimi
mesi». La protesta comprende anche le organizzazioni sindacali di
categoria (Adu, Andu, Apu, Auri,Cisal-università, Cisl università Cnru,
Cnu, Firu, Flc-Cgil,Snals-università, Sun e Uilpa-Ur) che chiedono a
Mussi un incontro urgente per affrontare le questioni più critiche e
annunciano assemblee negli atenei per discutere dei problemi del
settore. Secondo le organizzazioni e le associazioni della docenza,
alle dichiarazioni sul valore strategico per il paese dell'alta
formazione e della ricerca «non c'è riscontro nelle scelte concrete
operate con la Finanziaria 2008. Non solo, per le sigle sindacali,
erano stati previsti finanziamenti assolutamente insufficienti per la
sopravvivenza stessa dell'università, ma addirittura si è proceduto a
un ulteriore taglio di oltre 90 milioni di euro del Fondo di
finanziamento ordinario». Quanto alla docenza, per le associazioni di
categoria, sarebbe opportuno prevedere «un'unica figura pre-ruolo che
duri al massimo tre anni, adeguatamente retribuita, con i diritti
lavorativi e con una autonomia di ricerca». |