Le domande presentate sarebbero la metà dello
scorso anno
quando la riforma provocò l'esodo di 43mila persone solo tra i docenti
La riforma Prodi convince i prof
crollano le richieste di pensione.
Salvo Intravaia, la Repubblica
del 25/1/2008
La riforma delle
pensioni voluta dal governo Prodi frena la fuga degli insegnanti dalla
scuola. Secondo le prime stime di fonte sindacale sarebbero, in tutto,
meno di 30 mila le domande di pensionamento presentate dal personale
della scuola per il 2008/2009. Un dato che, se dovesse essere
confermato, dimezzerebbe (o quasi) i numeri da esodo biblico di quest'anno.
Il termine per la presentazione delle domande di pensionamento è
scaduto lo scorso 21 gennaio ma il grosso delle istanze è stato
presentato dagli interessati entro il 10 gennaio, prima cioè della
proroga concessa dal ministero a coloro che, secondo la normativa
approvata il 24 dicembre scorso, hanno riconquistato il diritto di
lasciare la scuola. Infatti, la precedente norma (la cosiddetta legge
Maroni) a partire dal primo gennaio 2008 innalzava di colpo l'età
pensionabile a da 57 a 60 anni.
Secondo i primi dati, l'eliminazione del cosiddetto "gradone" (da 57 a
60 anni, appunto) sull'età pensionabile ha contribuito a rasserenare
gli animi tra maestre e prof che, per paura di restare impigliati
nelle maglie della legge, lo scorso anno se la sono date a gambe. Gli
oltre 43 mila pensionamenti di soli insegnanti del 2007 sono un record
difficilmente eguagliabile. Stesso discorso per le 54 mila uscite, che
comprendono il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario), i
dirigenti scolastici e il personale educativo.
Il prossimo primo settembre andranno quindi in pensione, circa 20 mila
docenti e 7 mila Ata. In base al Protocollo sul welfare basteranno 58
anni di età, e 35 di contribuzione, per andare in pensione nel 2008:
limite d'età che salirà a 59 anni, sempre con 35 anni di contributi,
nel 2009. Eppure gli insegnanti che hanno maturato le condizioni per
lasciare la scuola a partire dal 2008/2009 sono 120 mila.
Evidentemente, senza spade di Damocle sulla testa, la maggior parte di
questi desidera ancora confrontarsi con alunni e colleghi.
Durante il governo Berlusconi la scuola italiana si è progressivamente
spopolata. La causa scatenante è da ricercare nella stringente
normativa sulle pensioni, approvata nel 2004, che ha diffuso il panico
fra i lavoratori. I numeri non danno spazio a dubbi. Per anni il
numero dei pensionamenti fra gli insegnanti è stato stabile. Nel
2001/2002 andarono in pensione poco più di 15 mila insegnanti e 7 mila
e 500 Ata. A distanza di appena anni, nel 2007/2008, il numero degli
insegnanti italiani che ha preferito abbandonare la cattedra si è
praticamente triplicato: 43 mila e 500. Che si è trattato di fuga lo
dimostra l'enorme numero di pensionamenti richiesti "per dimissioni
volontarie". Potendo, cioè, rimanere in servizio per alcuni anni 9
pensionati su 10 ha preferito togliere il disturbo prima. Per avere
un'idea del clima di incertezza che serpeggiava nelle scuole italiane
basta citare i dati del 2001/2002, quando i pensionamenti per
"dimissioni volontarie" furono appena il 63 per cento del totale. La
restante parte dovette andare in pensione per cause di forza maggiore:
per raggiunti limiti d'età o per avere tagliato il traguardo del 40°
anno di servizio.