Le cifre su cui si basano i progetti della
giornata dei migranti
La Chiesa cattolica: "Cifre che costringono a muoverci: sono una
risorsa
Scuola, la carica degli alunni stranieri
"Entro metà secolo più degli italiani".
Tullia Fabiani, la Repubblica
del 10/1/2008
Potrebbe bastare una
decina di anni. O forse di più. Ma lo scenario di cambiamento già si
profila nettamente: a scuola gli alunni stranieri saranno più numerosi
di quelli italiani. Un sorpasso che statistici e demografi prevedono
nel 2050; che altri anticipano, e che interroga in ogni caso sui
mutamenti e sugli effetti possibili. Rischi e opportunità. Modelli
didattici e orizzonti culturali: un sistema complesso di fattori in
fermento, destinato a un lungo e delicato rodaggio.
A tale situazione guarda in particolare la Giornata mondiale delle
Migrazioni, che la Chiesa cattolica celebra quest'anno il 13 gennaio.
"Giovani migranti: risorsa e provocazione" è il tema scelto dalla
commissione episcopale per le Migrazioni della Cei. Perché "oggi
l'universo dei giovani migranti è molto ampio - sostiene monsignor
Piergiorgio Saviola, direttore generale della fondazione Migrantes
(http://www. migrantes. it), e si estende al mondo sempre più vasto
degli immigrati in Italia, come pure a quelle forme di mobilità umana
che sono minoritarie per numero, ma non per i problemi che suscitano e
per l'attenzione che meritano".
I dati. In Italia, secondo l'ultimo Dossier statistico Immigrazione di
Caritas-Migrantes di Roma, sono 665mila i minori stranieri residenti
all'inizio del 2007, mentre circa 560 mila sono gli italiani minorenni
emigrati all'estero. "Per quel che riguarda Sinti e Rom - aggiunge
monsignor Saviola - ci troviamo di fronte a una realtà molto giovane:
una popolazione di circa 120 mila unità, di cui oltre il 40 per cento
sotto i 18 anni". Inoltre sono da considerare "le realtà circensi, 6
mila persone e circa 1.500 famiglie, che comprendono
approssimativamente 900 giovani, quella lunaparkista: 6mila licenze
registrate, 15 mila famiglie, circa 9600 giovani. Infine i marittimi,
circa il 50 per cento dei 2 milioni in transito nei centri Stella
Maris sono giovani".
Ma a registrare con maggiore evidenza la densità della popolazione
giovanile straniera nel nostro Paese è soprattutto la scuola: "Secondo
gli ultimi dati del ministero dell'Istruzione - nota Migrantes - gli
alunni stranieri nell'anno in corso sono più di 500 mila, circa il 6
per cento della popolazione scolastica". E seppure è difficile fare
previsioni precise per il futuro, "pensiamo che il numero sia
destinato ad aumentare già fra una decina d'anni - osserva padre
Gianromano Gnesotto, direttore nazionale per gli immigrati e i
profughi - gli esperti in demografia a statistica prevedono il 2050
come l'anno del 'sorpasso' degli alunni stranieri su quelli italiani,
ma potrebbe avvenire anche prima".
Gli scenari possibili. Con quali effetti e quali rischi? "Effetti
positivi", valuta padre Gnesotto, "perché la scuola italiana si è
posta da tempo obiettivi interculturali, dove le differenze sono non
ostacolo ma ricchezza, e cerca di realizzarli". Ormai difficilmente le
classi sono monoetniche, e ciò spinge verso un'evoluzione del modello
educativo, "perciò la prospettiva può essere solo quella della
mediazione tra le diverse culture di cui sono portatori gli alunni".
Una sfida obbligata, per la quale secondo Migrantes servono programmi
di informazione e aggiornamento per i docenti, e un forte impegno
concreto. Del resto, se c'è plauso per le scelte di indirizzo
ministeriale, avviate da tempo e confermate ad esempio dal recente
documento "La via italiana alla scuola interculturale", dove si assume
la diversità "come paradigma dell'identità stessa della scuola,
occasione di apertura a tutte le differenze" si chiede però che l'idea
non resti solo sulla carta.
"Nelle scuole italiane sono presenti 192 nazioni su 194 (mancano solo
Lesotho e Vanuatu) - evidenzia Gnesotto - con una molteplicità di
lingue, culture e abitudini. È dunque un contesto molto ricco e
variegato, e la scuola ha il compito di superare il monoculturalismo,
ed essere un luogo in cui si rende equilibrato il rapporto con la
diversità". In genere, il primo approccio dei ragazzi e delle famiglie
italiane è infatti quello che si ha quando si è abituati a una
monocultura: sospetto, paura, diffidenza, a volte disprezzo. "Poi però
grazie all'incontro reale tra le persone, l'atteggiamento cambia
profondamente e si riconosce la ricchezza del confronto e del
dialogo". Ecco la direzione auspicabile. Un indirizzo che non elude
anche scelte politiche e civili precise: "Il discorso della
cittadinanza è fondamentale - precisa padre Gnesotto - molti giovani
vivono questa limitazione con estremo disagio. Chi nasce in Italia da
genitori stranieri deve essere riconosciuto come italiano. La
cittadinanza deve discendere dallo "ius soli" e non più "ius sanguinis",
e noi crediamo sia giunto il momento per questo passaggio".