Londra, dossier del ministero dell'Istruzione: nell'era dei viaggi di massa si
sa sempre meno del pianeta. Gli alunni studiano poco, la scuola non insegna

C'era una volta la Geografia
bocciato lo studente globale.

Il governo Brown corre ai ripari con una riforma

Enrico Franceschini, la Repubblica del 18/1/2008

 

LONDRA - È difficile conoscere il mondo senza uscire di casa propria, ammoniva Voltaire. Ma viaggiare non significa necessariamente conoscere: nell'era del turismo di massa e dei voli "low cost", avverte un rapporto, sappiamo sempre meno sulle caratteristiche, sui problemi e sulle prospettive del nostro pianeta. Il motivo è semplice: non studiamo più la geografia. E la colpa non è tanto degli studenti, quanto della scuola, che non è attrezzata per insegnare questa materia in linea con i cambiamenti e le complessità del ventunesimo secolo. A sostenerlo sono gli ispettori del ministero dell'Istruzione britannico, che dopo un'approfondita indagine hanno presentato una relazione disastrosamente negativa ai responsabili di governo. Il numero degli studenti che continuano a seguire corsi di geografia alle medie superiori del Regno Unito è calato dell'11 per cento nell'ultimo anno e del 33 per cento nell'ultimo decennio. Quelli che conseguono il massimo dei voti in geografia sono diminuiti del 12 per cento dall'anno scorso e del 25 rispetto a dieci anni fa.

Il 25 per cento degli insegnanti di geografia non sono qualificati per insegnarla. Il 65 per cento delle scuole non fanno più "field trips", ovvero gite scolastiche a scopo formativo. Dalle elementari alle medie, gli alunni ritengono a stragrande maggioranza che la geografia è "noiosa e irrilevante", mentre dal canto loro i docenti accusano: "Gli studenti odierni ignorano aspetti chiavi della materia". E uno studio del mondo imprenditoriale conferma: "Per affrontare le sfide della globalizzazione serve gente che ha familiarità con il mondo intero, invece dalle scuole ci arrivano giovani che non conoscono neppure il proprio paese".

Mancano le basi, dunque: quelle basi che gli scolari italiani di una volta imparavano magari a memoria o con l'aiuto di una filastrocca, come gli affluenti del Po, i nomi delle Alpi o le capitali d'Europa. Manca, tuttavia, anche qualcos'altro: la comprensione che oggi studiare geografia vuol dire studiare le questioni dell'equo commercio, dell'energia sostenibile, del cambiamento climatico, dell'economia globalizzata. "Troppa parte dell'insegnamento è mediocre", accusa il rapporto, ripreso ieri con ampio spazio da tutta la stampa britannica. "In un'era in cui inondazioni, aumento dei livelli dei mari, risoluzione dei conflitti, dispute commerciali, carestie ed effetto serra sono continuamente sulla prima pagina dei giornali, ci sono le prove che lo studio della geografia, anziché espandersi e aggiornarsi come sarebbe necessario, declina e rimane indietro". É vero che si moltiplicano i corsi di lingue straniere a ogni livello della scuola dell'obbligo, osserva uno studio parallelo condotto dall'Association of Graduate Recruiters, gruppo che fornisce indicazioni alle aziende per assumere neo-diplomati e neo-laureati, "ma sebbene la conoscenza delle lingue straniere sia importante, altrettanto importante è una conoscenza delle diverse culture del mondo".

Un altro aspetto di questo deficit di conoscenza è la drastica riduzione delle gite scolastiche a scopo educativo: i "field trips", come li chiamano in Gran Bretagna, una tradizionale parte del curriculum scolastico, e non solo una maniera per saltare qualche giorno di lezione attraversando il paese in lungo e in largo su una corriera. Due terzi delle scuole statali del regno li hanno aboliti. La ragione è che gli insegnanti li giudicano troppo pericolosi, fra malattie, criminalità e comportamento antisociale degli studenti medesimi, per cui rinunciano a organizzarli piuttosto che esporsi al rischio di proteste o denunce da parte dei genitori. "Preoccupazioni per la salute e la sicurezza degli alunni, oltre che problemi di bilancio, hanno contribuito a ridurre le esperienze sul campo che si ricavano da questi viaggi e a limitare l'efficacia di quelli che ancora vengono fatti", rileva il rapporto del ministero dell'Istruzione.

Il declino della geografia, secondo gli esperti ministeriali, non è irrimediabile: una serie di riforme varate negli ultimi due anni dal governo di Tony Blair e un progetto di riforma annunciato recentemente dal governo del suo successore Gordon Brown dovrebbero dare frutti nel prossimo futuro, assicurando uno studio della materia più al passo con i tempi, quindi meno "noioso" e certamente non "irrilevante", per citare le lamentele più diffuse fra gli studenti. Si tratta di un obiettivo fondamentale, nota il Financial Times, perché sarebbe paradossale che un mondo che si restringe a causa della globalizzazione diventasse più oscuro, ignoto e incomprensibile per una nuova generazione di diplomati.

Del resto la necessità di studiare in modo nuovo la cara, vecchia geografia, la materia delle liste di città, fiumi, montagne a cui si sfidavano in lunghi pomeriggi di giochi i ragazzini di un tempo, è sottolineata anche da iniziative private. La casa editrice Lonely Planets, famosa per le sue guide turistiche, lancia una nuova collana che pone al centro il concetto di viaggio come opportunità di conoscenza del mondo: agili volumetti di 150-200 pagine ciascuno, dedicati a paesi o aree geografiche particolarmente rilevanti (i primi tre che usciranno in Italia a partire da marzo sono su Cina, Russia e Iraq), di cui ricostruiscono gli ultimi vent'anni a partire dalla data simbolo del 1989, l'anno della caduta del muro di Berlino. "Nulla di quanto avviene nel mondo può lasciarci indifferente", è lo slogan della campagna promozionale, "anche lontano dalle nostre frontiere". A patto di sapere almeno dove sono, le nostre frontiere.