Istruzione tecnica superiore/2. da Tuttoscuola, 19 gennaio 2008
Su questo terreno l’Italia arriva in grave ritardo. È dall’inizio degli anni settanta dello scorso secolo che si cerca in Europa e in Italia di varare un sistema di formazione tecnica superiore applicata alternativo rispetto ai percorsi universitari. Ma mentre la Gran Bretagna varava i Politechnics, la Germania le Fachochschulen, la Francia le STS (Sezioni Tecniche Superiori) nelle scuole e gli IUT nelle università (Istituti Universitari di Tecnologia, biennali), l’Italia vedeva arenarsi nel giro di un anno il suo tentativo di avviare analoghi percorsi in via sperimentale in sette istituti tecnici d’eccellenza, tra i quali gli ITIS Malignani di Udine (capofila) e Molinari di Milano. Fu la Corte dei Conti a bloccare l’iniziativa con una motivazione tipicamente burocratica: l’incompetenza del MPI a rilasciare titoli al di là del diploma di maturità (era previsto il rilascio del diploma di "tecnologo").
L’idea, rilanciata dalla Commissione Brocca (1988-1994) come
corollario della despecializzazione degli istituti tecnici, non andò
al di là della sua teorizzazione. Per iniziativa del ministro Ruberti,
negli stessi anni, anche le università furono invitate ad istituire al
proprio interno Diplomi universitari, di durata triennale, che
andarono incontro a un rapido fallimento perché le università si
dimostrarono incapaci di gestire percorsi di formazione superiore
applicata, troppo distanti dalle loro tradizioni accademiche. E anche
perché Ruberti dovette cedere alla pretesa del mondo universitario di
porre i trienni in sequenza con le lauree (mentre l’idea giusta
sarebbe stata quella di metterli in parallelo). |