Recepita la direttiva europea sull'ammissione
dei cittadini di paesi terzi per la ricerca
Da oggi gli istituti potranno chiedere l'ingresso fuori quota,
evitando lunghe trafile
"Negli atenei via la Bossi-Fini".
Più facile l'ingresso per i ricercatori.
la Repubblica
del 21.2.2008
ROMA - L'odissea di
Bulat Sanditov finì sui giornali. Brillante ricercatore russo,
con in tasca due dottorati di ricerca e la prospettiva di una lunga
carriera davanti, fu costretto a lasciare l'Italia, sfinito dagli
ostacoli burocratici della legge Bossi-Fini. "Too much" aveva detto,
lasciando a malincuore la borsa di studio e l'incarico all'università
Bocconi di Milano per un posto in Olanda, dove tutto era più facile.
Troppe le difficoltà per avere i documenti per poter rimanere
legalmente in Italia.
Almeno Bulat era riuscito ad arrivare: molti altri ricercatori
stranieri non riescono neppure a venirci in Italia, bloccati dalla
trafila per ottenere il permesso di soggiorno. Ma ora le cose
cambiano: con il
decreto legislativo 17/2008, che entra in vigore da oggi, i
cittadini extracomunitari che vorranno soggiornare in Italia per scopi
di ricerca, potranno entrare al di fuori della Bossi-Fini, fa sapere
il ministero dell'Università e della Ricerca.
Con il recepimento della direttiva europea sull'ammissione di
cittadini di paesi terzi ai fini di ricerca scientifica, gli istituti
portanno stipulare convenzioni di impegno per i cittadini stranieri, e
chiedere il visto per loro - evitando quindi spiacevoli trafile - che
avrà validità per il tempo stabilito per il programma di ricerca,
senza andare ad intaccare le quote previste per gli altri lavoratori
extracomunitari. In pratica, quindi, ora il singolo istituto potrà
chiedere direttamente allo Sportello Unico, fuori quota, l'ingresso
per ragioni di ricerca.
Il soggiorno per periodi superiori a tre mesi sarà consentito a coloro
che sono in possesso di un titolo di studio superiore, in grado di
dare accesso a programmi di dottorato nel Paese in cui tale titolo è
stato conseguito.
Una liberalizzazione attesa da tempo e più volte invocata da molti
istituti scientifici, che hanno lamentato l'impossibilità di lavorare
con ricercatori di paesi terzi - rinunciando quindi a preziosi
cervelli che invece di fuggire vorrebbero venire - perché
eccessivamente penalizzati dalla burocrazia: mesi e mesi di attesa per
ottenere visti e permessi, procedure onerose, con tempi spesso più
lunghi dello stesso incarico di studio o ricerca previsto. Con il
risultato, non proprio brillante, che in Italia la percentuale di
ricercatori stranieri extracomunitari è circa del 2 per cento, cifra
molto inferiore agli altri paesi dove l'ingresso, per loro, segue
canali preferenziali.