Devono saper gestire anche gli alunni difficili Docenti, questione di nervi. La Cassazione: niente giusta causa a chi si licenzia perché non ce la fa da ItaliaOggi del 20.2.2008
Un alunno difficile e le divergenze nei confronti degli organi direttivi e collegiali dell'istituto in ordine al regime da adottare in concreto, per ovviare alle problematiche educative e disciplinari che il ragazzo crea, non costituiscono giusta causa per dimettersi dal servizio in corso d'anno. È quanto hanno sostenuto i giudici della sez. lavoro della Corte di cassazione con la sentenza n. 1988 del 29 gennaio 2008. Una sentenza che merita di essere conosciuta dal mondo della scuola anche perché vi si ribadisce il principio secondo il quale nel bagaglio professionale di ogni docente di scuola media devono coesistere doti di pazienza e di tolleranza, oltre che specifiche conoscenze psico-pedagogiche dell'età evolutiva. Questo l'antefatto. Un docente di una scuola media della provincia di Firenze si era dimesso dal servizio dopo appena due mesi dall'inizio dell'anno scolastico motivando la decisione non solo per la condotta di uno studente che, a suo dire, era fonte di turbativa delle lezioni scolastiche e anche fonte di pericolo per sé e per gli altri, ma anche per le divergenze insorte nei confronti degli organi direttivi e collegiali dell'istituto in ordine al regime da adottare in concreto per ovviare alle problematiche educative e disciplinari create, appunto, da un alunno difficile e per la perdurante mancanza di appropriate iniziative miranti a tutelare la sua persona e quella dei colleghi e a sollevare tutti loro dalle responsabilità civili e penali che gli atteggiamenti potenzialmente lesivi e autolesivi dell'alunno comportavano.
Nel periodo intercorrente tra l'inizio dell'anno
scolastico e il 1° novembre giorno delle dimissioni, l'alunno si era,
infatti, reso protagonista di episodi gravi quali l'avere chiuso a
chiave la classe e gettato dalla finestra la chiave, l'avere colpito
con un calcio un altro docente, preso di mira, rivolgendogli
espressioni triviali, l'avere scagliato un barattolo di vernice contro
una cassettiera dell'aula di applicazioni tecniche, l'aver agitato un
ombrello all'indirizzo del professore preso di mira. Ritenendo le
dimissioni dovute per giusta causa, il docente aveva chiesto
all'istituto scolastico la corresponsione dell'indennità sostitutiva
di preavviso. Vistosi respinta la richiesta si era rivolto al giudice
del lavoro che l'aveva, invece, ritenuta legittima. E condannato
l'istituto a corrispondere l'indennità di preavviso. Avverso la
sentenza di condanna, l'istituto aveva interposto appello che veniva
accolto dal giudice di secondo grado. Di qui il ricorso alla
Cassazione da parte del docente, il cui esito è stato anticipato in
premessa. Nel merito i giudici della Cassazione hanno, nella sostanza,
condiviso i motivi per i quali i giudici di secondo grado avevano
accolto il ricorso presentato dall'istituto. Nella sentenza, i giudici
di secondo grado avevano sostenuto che l'istituto scolastico aveva, a
differenza di quanto sostenuto dal docente, gestito il caso difficile
in termini di «flessibile ragionevolezza e con risultati
complessivamente apprezzabili», sicché non era rinvenibile a carico
della dirigenza dell'istituto alcuna condotta omissiva o di colpevole
sottovalutazione delle ricadute che i comportamenti dell'alunno
avrebbero potuto avere sul regolare andamento delle lezioni e sulla
sicurezza complessiva delle persone e delle cose. |