IL COMMENTO
L'ignoranza collettiva.
Stefano Bartezzaghi, la Repubblica
del 6.2.2008
IN un Paese diviso tra
Eccellenze proclamate appena è possibile ed Emergenze sottaciute sino
all'impossibile, e che considera i suoi beni culturali come mere merci
da vendere ai turisti, tocca ridere per non piangere.
Si sa sin da principio che non sarà una risata, a seppellire la
montagna di rifiuti linguistici indifferenziati che testimonia
l'entità della nostra collettiva ignoranza. Ma di fronte ad articoli,
cartelli esposti in pubblico, lettere più o meno ufficiali, tesi di
laurea che altro fare?
Ognuno ha i suoi esempi favoriti: le donne "in [spazio] cinta" nei
titoli dei tg, lo "schernirsi" che sostituisce sistematicamente
"schermirsi", il "più acerrimo" sulle pagine della cosiddetta cultura,
il prezzemolo del "piuttosto che" usato scorrettamente al posto di
"oppure", "l'affatto" che può ormai significare sia "del tutto" che
"per niente", e quando lo si legge si è nelle condizioni
dell'automobilista dietro a una macchina che mette all'improvviso le
quattro frecce: che vorrà fare?
Si fermerà, svolterà a sinistra, a destra? Afferma? Nega? Oggi basta
una consecutio azzeccata per guadagnarsi il carisma dell'erudito, e
dire o scrivere "la maggioranza delle persone pensa" al posto di "la
maggioranza delle persone pensano" pare una sottigliezza da cruscanti.
Lo scrittore americano David Forster Wallace in un saggio -
approfondito e magistrale - sul tema Autorità e uso della lingua
definiva alcune varietà di inglese: l'Inglese Scritto Standard è la
più prestigiosa, quella usata dalla classe dirigente. In Italia si può
tratteggiare un ideale linguistico, il sogno di un Italiano Scritto
Standard, ma poi non si può indicare una classe di italiani che lo
impieghi nella realtà. Non lo usano certo i personaggi televisivi (la
tv, in Italia, è oggi un canale di diffusione di dialetti). I
dirigenti d'azienda, gli amministratori, i politici, i ricchi? Non
scherziamo. I professori universitari? I giornalisti? Gli scrittori? I
medici? Gli avvocati? Nemmeno loro, se non in una quota irrilevante.
Il prestigio della lingua italiana è consunto: gli usi aberranti,
dall'ortografia alla sintassi, dalla morfologia alla semantica, non
sono efficaci neppure come indicatori del livello di guardia a cui
sono arrivate le carenze culturali (e va beh) ma anche e soprattutto
logiche. La crisi politica in corso - a seguirla lungo le sue
linee-guida linguistiche, semiotiche e logiche - non dimostra
innanzitutto, e profondamente, quanto siamo ignoranti - nel doppio
senso di insipienti e di inconseguenti - , tutti?