È quanto emerge da una ricerca del centro studi
Pio La Torre nelle scuole della Sicilia
Secondo i ragazzi la politica è fortemente collusa con
l'organizzazione criminale
Mafia, i giovani siciliani sfiduciati:
"Cosa Nostra più forte dello Stato".
Il questore di Palermo: "La domanda è stata mal
posta"
Salvo Intravaia, la
Repubblica 23.4.2008
ROMA - La mafia è più
forte dello Stato. Quello che suona come un grido d'allarme per le
istituzioni, arriva dagli studenti siciliani. Un giudizio impietoso
che non risparmia neanche la politica, ritenuta fortemente collusa
con Cosa Nostra. È quanto emerge da una ricerca realizzata dal
centro studi "Pio La Torre" sugli alunni degli istituti scolastici
della Sicilia.
Un'indagine che tratteggia anche un ritratto inquietante del boss
mafioso, immorale ma forte. E quindi inevitabilmente "fascinoso". Se
lo Stato rischia di uscire perdente dal confronto con la mafia a
rimetterci è soprattutto la Sicilia, che secondo gli studenti
dell'isola deve la sua arretratezza economica, alla presenza dei
clan. Per questo la maggior parte degli intervistati non ha dubbi:
"la mafia non serve per andare avanti". Ma sconfiggerla al momento
sembra davvero difficile.
Mafia più forte dello Stato. È questo il primo dato che emerge dalla
ricerca del Centro Studi Pio La Torre tra 2.368 studenti di 47
istituti superiori siciliani, presentata stamattina a Palermo, in
occasione del 26esimo anniversario dell'assassinio del segretario
del Pci siciliano. Lo pensa il 50,9% degli intervistati. Solo il
16,8% del campione percepisce le istituzioni più forti, mentre per
il 20,6% Stato e mafia sono ugualmente forti. Un senso di sfiducia
che non risparmia il luogo in cui si vive. Gli studenti dichiarano
di sentire molto la presenza di Cosa Nostra nelle loro città (56,1%)
in particolare perché dedita allo spaccio di droga (58,4%) e al
"pizzo" (59,3%). Per questo il 55,% degli intervistati non crede che
la mafia possa essere un giorno sconfitta.
Politica compromessa. Il sentimento di pessimismo non risparmia la
politica. Il 56% dei giovani siciliani ritiene la classe dirigente
siciliana fortemente compromessa con il fenomeno mafioso. Una piovra
che mantiene un rapporto molto stretto con gli esponenti politici
(88,6%) e che si alimenta reciprocamente con l'arretratezza
economica dell'isola, influendo negativamente (85,6%) sullo sviluppo
della Sicilia. Proprio le condizioni economiche della loro regione,
fanno dire all'89,1% dei ragazzi "di non aver bisogno della mafia"
per la costruzione del loro futuro. Anzi, Cosa Nostra, resta per il
41,8% degli studenti, un "ostacolo per il proprio avvenire".
Il fascino del boss. L'uomo di Cosa Nostra è sentito come un
soggetto immorale ma competente, forte, potente e attivo. I tratti
che caratterizzano il mafioso sono, infatti, forte tradizionalismo
(per il 69,2%), maschilismo (78,5%), omertà (68,2%), prepotenza
(91,5%). Una visione che risente anche delle influenze fascinose di
cinema e tv, che restano per i ragazzi il principale strumento di
informazione.
Per questo oltre la metà degli studenti sostiene che la mafia, al
contrario dello Stato, sa come farsi rispettare. E il 73,9% sostiene
che la forza dei boss sta nella loro capacità di incutere paura. "Lo
Stato - spiegano gli autori della ricerca - rischia di uscire
perdente dal confronto con la mafia quando il terreno di confronto è
quello della brutalità, del dominio, della sottomissione, che
nell'immaginario dei giovani legittima il rispetto di cui gode il
mafioso".
I commenti. Che lo Stato esca sconfitto dal confronto con la mafia,
non può non sembrare sorprendente agli uomini delle istituzioni.
Secondo il questore di Palermo, Giuseppe Caruso: "Così come è stata
posta la domanda è stata data una risposta fuorviante perché si è
chiesto chi incute maggiore rispetto tra mafia e Stato. Gli studenti
non vedono lo Stato - ha concluso Caruso - in una posizione di
subalternità". Stupito anche il procuratore della Repubblica di
Palermo, Francesco Messineo:"Sono sorpreso che si abbia questa
percezione. Secondo me si tratta di una affermazione che non ha
alcun fondamento. È vero esattamente il contrario, cioè che lo Stato
ha ormai preso la decisiva e definitiva preminenza sulla mafia, in
un processo irreversibile da cui non si torna indietro".