Un progetto per il nuovo governo:
istruzione, educazione, formazione.

di Maurizio Tiriticco, da ScuolaOggi del 16.4.2008

 

Il 13 aprile di due anni fa, dopo la vittoria del Centro-sinistra e alla vigilia della formazione del nuovo governo, titolavo un mio pezzo così: Un progetto per il nuovo governo: istruzione, lavoro, mercati. Sostenevo che, dopo il quinquennio del Punto e a capo, tutto incentrato sulla discontinuità più marcata e sfacciata con quanto negli anni precedenti si era fatto di positivo nel e per il nostro Sistema di istruzione, era assolutamente necessario riprendere le fila di un processo bruscamente interrotto e riaprire quel dialogo tra Amministrazione e scuola militante che aveva caratterizzato l’esperienza del primo Governo di Centro-sinistra. Sostenevo che occorreva riallacciare quelle fila che legano l’istruzione non solo alla crescita culturale di ciascun cittadino-alunno, ma anche al suo destino di lavoratore in un mercato che di anno in anno si stava facendo sempre più difficile. E sarebbe stato prioritario liquidare per sempre la scelta del doppio canale adottata dalla Moratti e adoperarsi perché fosse affidato al Sistema di istruzione, senza deleghe ad altri, il compito di innalzare il livello culturale e civile della popolazione. Concludevo col dire che “la scuola militante e il Paese devono pretendere in primo luogo due cose:

a) un impegno reale del governo affinché i problemi dell’educazione siano affrontati contestualmente con quelli del lavoro e della politica estera;

b) un ministro dell’istruzione di elevato profilo che sia veramente all’altezza di una situazione non facile”.

Penso che un analogo appello valga anche per il Governo che si andrà a costituire alla fine del mese, e che siano necessarie altre sollecitazioni, anche perché il tema dell’istruzione è stato il grande assente della recente campagna elettorale. Nonostante sia largamente diffusa la consapevolezza che l’attuale società – almeno nei Paesi ad alto sviluppo – sia quella del Sapere e della Conoscenza, nei fatti nessuna componente politica ha fatto di questo tema uno degli assi portanti della campagna elettorale. Il Sapere non è una cosa astratta, è l’esito costante di quell’apprendimento per tutti e per tutta la vita di cui parlano autorevoli documenti internazionali, dell’Ocse e di quell’Unione europea di cui il nostro Paese è – o dovrebbe essere – parte attiva. La Conoscenza, ma non quella astratta, bensì quella collettiva dei milioni di nostri cittadini, è materia prima dello sviluppo, oggi, come ieri – ma quante volte l’ho scritto – erano il carbone e l’acciaio nelle società industriali!

Investire sull’Intelligenza e sulle intelligenze di ciascuno è quindi prioritario! Il governo dell’istruzione – dalla scuola dell’infanzia all’università – non è da meno del governo dell’economia e della finanza: la sola differenza è che il secondo paga subito, mentre il primo paga nei tempi lunghi. E’ più facile abolire l’ICI che “costruire” un cittadino pensante! Ma un governo, od una società, che non sia capace di guardare lontano nel tempo, si autocondanna ad una progressiva ed inarrestabile emarginazione.

E’ dunque una responsabilità primaria e collettiva quella di formare la persona, educare il cittadino, istruire il futuro lavoratore. Spetta, quindi, al Sistema educativo nazionale di istruzione e formazione, e non solo alla scuola in senso stretto, il compito di attendere a tali attività in una coordinazione continua tra ciò che spetta alle istituzioni scolastiche, a quelle della formazione professionale, e a tutti i soggetti, dalle famiglie agli innumerevoli settori del sociale.

Il Ministero dell’Istruzione e dell’Università che si andrà a costituire non potrà non tener conto dei compiti assolutamente nuovi che la complessa società della conoscenza gli affida. Passi in questa direzione il Governo di Centro-sinistra già li ha compiuti. L’innalzamento dell’obbligo di istruzione ha costituito indubbiamente una delle sfide più importanti e più difficili. E’ un’operazione a cui ci ha sollecitato la stessa Unione europea ed alla quale non possiamo disattendere. Non c’è Paese avanzato in cui l’obbligo si conclude a 14 anni e non è un caso che gli esiti di PISA penalizzino il nostro Paese. E tali esiti vanno letti anche in un’ottica più ampia. Il nostro Paese è assolutamente indietro per quanto riguarda il numero dei laureati e dei diplomati. Ed è ancora avanti, purtroppo, per quanto riguarda il numero dei dispersi dal sistema di istruzione. Ed assolutamente indietro per quanto riguarda l’educazione degli adulti. Non è allora un caso che più di un terzo della nostra popolazione non è in grado di leggere o scrivere un testo che richieda un certo livello di complessità. E l’ignoranza non aiuta il Paese a crescere, se è vero che non c’è processo lavorativo che non richieda una alto tasso di conoscenza! Pertanto, innalzare il livello dell’istruzione è una operazione culturale prioritaria, sociale e civile, che dobbiamo assolutamente realizzare, e in tempi rapidi, anche ristrutturando gli attuali bienni in una prospettiva di riordino dell’intero secondo ciclo di istruzione.

Su tale strada, non facile e che richiede tempi lunghi, si è mosso il Governo di Centro-sinistra, innovando con estrema cautela e coinvolgendo in primo luogo gli operatori dell’educazione. Va sottolineato che i documenti orientati all’innovazione, le Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione e il documento relativo all’innalzamento dell’obbligo di istruzione, non hanno nulla di prescrittivo e di definitivo ma, al contrario, intendono sollecitare nelle scuole, negli studenti, nelle loro famiglie e nel Paese un coinvolgimento diretto e partecipato. Si è consapevoli che, oggi, ogni innovazione apportata nel Sistema di istruzione non può non tener conto della realtà con cui ci si confronta e che si intende far crescere. Molta acqua è passata sotto i ponti dai tempi in cui qualche illuminato aveva piena consapevolezza – o riteneva di averla – di ciò di cui la popolazione aveva bisogno in materia di istruzione. Va, tuttavia, ricordato che erano i tempi della prima alfabetizzazione. Oggi le cose sono ben diverse. Vi è una cultura diffusa veicolata da una società, appunto, della conoscenza, con cui bisogna fare i conti. Si tratta di una cultura ampia ed indifferenziata, che include anche valenze non positive, con le quali occorre misurarsi. Nei tempi passati forse era più facile insegnare a leggere e scrivere e far di conto a chi era portatore solo di una cultura ristretta. Oggi istruire, educare e formare è indubbiamente più complesso e richiede un concorso assolutamente collettivo. Sono constatazioni che richiederebbero opportuni approfondimenti che esulerebbero dal clou di questa nota: ma che vanno affrontate soprattutto da chi ha responsabilità di governo, ed in primo luogo di governo dell’istruzione.

E’ opportuno e doveroso che il nuovo Governo non si avventuri in spericolate operazioni di Punto e capo e che riprendesse, invece, le fila di un discorso e di una iniziativa che il Centro-sinistra hanno avviato senza sventolii di bandiere, recependo le esigenze di rinnovamento del nostro Sistema di istruzione, rinnovamento che ci chiedono i giovani e che ci sollecita l’Unione europea. Un segnale importante sarebbe se il dicastero dell’Istruzione e dell’Università venisse affidato ad un figura di alto profilo, consapevole dello scenario in cui dovrà operare e capace di dare continuità alle iniziative intraprese dal precedente Governo, assolutamente coerenti con le esigenze dei nostri giovani e con le numerose Raccomandazioni del Parlamento europeo. Se così non fosse, i primi a soffrirne sarebbero proprio i nostri giovani! E i nostri insegnanti andrebbero veramente allo sbando!