Gobber (SSIS Cattolica): «Si vuole salvare tutti
per non scontentare nessuno»
L'esercito dei «poveri della lavagna».
Conta ottantamila disoccupati provenienti dalla
Ssis,
di cui quasi 12mila iscritti al biennio 2007-2009
Ambra Craighero Il Corriere della Sera del
23.4.2008
MILANO – Avrebbe dovuto essere il nuovo canale
di reclutamento per gli insegnanti, capace di far superare una volta
per tutte la vecchia logica dei concorsoni. E invece la Ssis,
impronunciabile acronimo che indica la Scuola di specializzazione
per l'insegnamento secondario, non è stata all'altezza delle
aspettative. Di chi siano le colpe è difficile da stabilire. Ma i
numeri non lasciano spazio a dubbi. Secondo un'elaborazione della
Associazione nazionale presidi (Anp), basata su fonti ministeriali,
nell'anno scolastico 2005-2006 meno di tre docenti su cento usciti
da questi istituti poi finiscono effettivamente in cattedra. Su
34.777 docenti immessi in ruolo, in particolare, solo 985
provenivano dalla Scuola di specializzazione. Si tratta di un esiguo
2,83% di un pattuglione che dal 1999 a oggi conta ben 90mila
aspiranti disoccupati, che si aggiungono al carrozzone dei precari
storici.
LA DENUNCIA
– «Noi abbiamo sempre denunciato questa diseconomia di sistema –
dice Giorgio Rembado, presidente dell'Anp – perché si utilizzano
delle risorse e delle competenze altamente qualificate per arrivare
a specializzare degli insegnanti che poi non vengono utilizzati
nella fase di reclutamento».
LA SSIS
– La Ssis è nata nel 1990 in risposta agli
accordi europei stipulati a Lisbona come evoluzione della formazione
della professione docente in Europa. Per frequentarla in Italia
occorre sostenere un test di ammissione, che consiste nel
superamento delle prove formulate in base alle classi di concorso
per cui si vuole ottenere l'abilitazione. I test della prova di
ingresso alle Ssis vertono sui programmi ministeriali dell'ultimo
concorso a cattedre, che risale al 1999. La durata della scuola di
specializzazione per l'insegnamento è di due anni; i corsi prevedono
un monte di 1.200 ore, di cui 400 di tirocinio presso un «insegnante
accogliente» all'interno di una scuola. Poi nel suddetto biennio si
devono sostenere 35 esami. Il costo per frequentare la Ssis è di
5mila euro.
IN FRANCIA SI CHIAMA CAPES
- «In Europa è diverso - sottolinea
Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, l'Associazione nazionale
insegnanti ed educatori di formazione -. In Francia, per esempio, la
Ssis si chiama Capes e l'accesso garantisce dopo un duro periodo di
tirocinio, il diretto passaggio al ruolo dell'insegnante, ponendo
fine al problema del precariato. In Italia, invece, la Ssis non
riesce a legare il reclutamento alla formazione per logiche
politico-sindadali, impedendo di fatto un percorso logico».
ONDATA DI PRECARI: 12MILA
– Ad oggi la «guerra dei poveri della lavagna» conta 80mila
disoccupati provenienti dalla Ssis, di cui quasi 12mila iscritti al
biennio 2007-2009: sono attualmente sui banchi e stanno frequentando
il IX ciclo. Ma proprio loro rischiano di veder vanificati i loro
sforzi perché potrebbero non essere inseriti nelle graduatorie.
Queste ultime, infatti, sono state chiuse con l'ultima Finanziaria e
trasformate in graduatorie «ad esaurimento». E proprio questo
negherebbe l'accesso agli studenti che ancora devono sostenere
l'esame di stato finale. Il condizionale è d'obbligo perché da più
parti si era ipotizzato un provvedimento ad hoc per cercare di
risolvere la loro situazione facendoli uscire da questa sorta di
limbo legislativo. Ma ad oggi nessuna soluzione è ancora stata
individuata.
«BISOGNEREBBE SCRIVERE UN ROMANZO»
- «In effetti, non sappiamo se i
12mila sissini che stanno frequentando i corsi in tutta Italia
verranno iscritti nelle prossime graduatorie – ci racconta Giovanni
Gobber, direttore della Ssis della Cattolica a Milano –. Nella sola
Lombardia si contano 1.800 frequentanti, di cui 450 sono iscritti
proprio qui da noi. Il problema in Italia è che manca la cultura del
reclutamento e si vuole salvare tutti per non scontentare nessuno.
Al riguardo bisognerebbe scrivere un romanzo e quest'ultimo
congelamento legislativo dei 12mila frequentanti è dovuto al fatto
che manca una pianificazione seria. La maggior parte degli iscritti
la mattina insegna, in forma precaria, in qualche scuola e al
pomeriggio svolge una parte dello stage previsto dal corso per
imparare a insegnare».
«UNA TRUFFA DA 5MILA EURO»
- Dalla collaborazione tra le università e la scuola, si formano gli
insegnanti, questi, spesso sono giovani e neolaureati. «È una truffa
da 5mila euro biennali – chiosa Pacifico – perché non si possono
formare insegnanti specializzati per poi lasciarli disoccupati».