Bipartisan. Un inciucio virtuoso per la scuola.
di Attilio Oliva, Presidente
dell'Associazione TreeLLLe
Caro direttore, le cronache di queste settimane offrono motivo di cauta speranza a chi, come TreeLLLe, è impegnato da anni nel promuovere una cultura della qualità e del merito nella scuola. Abbiamo letto prese di posizione di soggetti autorevoli: penso al decalogo di Confindustria, alla proposta dell'Anp sulla scuola, all'appello per il merito del Gruppo di Firenze, alle firme raccolte dal Gruppo del Buonsenso. Non meno incoraggiante è stato leggere i commenti di apprezzamento espressi in merito da esponenti politici di primo piano dei due schieramenti, quali Bastico, Ranieri, Aprea e Valditara. Un positivo atteggiamento bipartisan su un tema strategico come la qualità dell' istruzione non correrebbe certo il rischio di essere confuso con «inciuci» di alcun genere. Tutto bene, dunque: o quasi. Perché al coro manca una voce importante, quella dei sindacati del personale della scuola, una voce che fino a oggi ha espresso orientamenti di segno molto diverso. Perché la nostra scuola volti pagina, si deve allora sollecitare un nuovo atteggiamento del sindacato che non può più avere, come di fatto finora ha avuto, una pesantissima influenza sull'organizzazione del servizio: solo l'amministrazione ne ha la responsabilità piena. Ma il nodo sta soprattutto nel ruolo della politica e delle responsabilità che questa si deve assumere per privilegiare gli interessi dei cittadini studenti rispetto a quelli dei cittadini insegnanti. Purtroppo a prevalere sono spesso gli interessi di questi ultimi, come rappresentati dai sindacati, complici le debolezze della politica e la subalternità dell'amministrazione: così si determinano orari insostenibili per gli studenti, un eccessivo numero di discipline, sanatorie per il reclutamento, gonfiamento dei posti di lavoro, etc. Proprio l'abnorme espansione del numero degli addetti ha costituito il principale ostacolo alla possibilità di riconoscer loro trattamenti economici più dignitosi. Si tratta ora di invertire una politica che ha prodotto danni gravi. Ciò di cui il nostro Paese ha bisogno non è dell'ulteriore impiegatizzazione degli insegnanti, ma della loro incentivata professionalizzazione. Vorrei ricordare quali sono, secondo TreeLLLe, gli interventi realmente indispensabili, già praticati da anni nei Paesi più evoluti: 1. alleggerimento degli ordinamenti.
Non più di 30 ore settimanali di lezione,
articolate fra un nucleo di saperi fondamentali comuni a tutti e una
significativa quota di materie opzionali, fra le quali gli studenti
dovrebbero poter scegliere. Del nucleo comune dovrebbe far parte un
rafforzamento dell'inglese e delle materie scientifiche; 2.
autonomia per le scuole. Si tratta di dare maggior fiducia agli
operatori e incoraggiarne l'orgoglio professionale attraverso la
valutazione del merito e il riconoscimento dei risultati; istituire
un nuovo modello di governance degli istituti a partire da organi
collegiali snelli, aperti al territorio ed a persone competenti ed
inserite nel mondo della produzione e della cultura; attribuire alle
scuole risorse finanziarie più consistenti delle attuali ed
alleggerire i troppi vincoli che ancora gravano sul loro utilizzo;
trasferire alle scuole una progressiva autonomia nella gestione
degli organici a cominciare con la chiamata diretta di tutto il
personale a tempo determinato e di quello impegnato sulla quota del
20% di autonomia didattica; rafforzare la leadership delle scuole,
professionalizzando i dirigenti, consentendo loro di scegliere tra
gli insegnanti i collaboratori più stretti; 3. valutazione dei
risultati. I governanti e le famiglie sono privi di indicatori
affidabili sulla qualità delle scuole. All'Invalsi (Istituto
nazionale di valutazione del sistema) reso ancor più indipendente e
autorevole, vanno attribuiti due compiti: innanzitutto rilevare,
attraverso test centralizzati a intervalli predefiniti, gli
apprendimenti di tutti gli studenti sulle materie chiave e poi
renderli pubblici; in secondo luogo, valutare il lavoro ed i
risultati dei dirigenti delle scuole perché da loro dipende la
qualità del clima scolastico e il valore aggiunto che si può
ottenere da insegnanti motivati e ben supportati nel loro sviluppo
professionale; 4. riconoscimenti per il merito. La valutazione non
ha senso se non si accompagna a riconoscimenti concreti per chi fa
meglio. Il collegamento stretto fra valutazione costante e
attribuzione di premi per i migliori (le migliori scuole, i migliori
dirigenti e i migliori insegnanti) è una regola aurea per dare
efficacia a qualunque sistema. Dimenticarlo nella scuola significa
minare quel principio di emulazione che è una delle componenti
essenziali del processo educativo. |