Testimonianze raccolte «sul campo»
«Unica speranza la Ssis,
ma c'era la beffa».
La legge non prevede l'inserimento nelle
graduatorie
per gli ultimi 12mila aspiranti prof sfornati dalle scuole
Ambra Craighero Il Corriere della Sera del
23.4.2008
MILANO – Per molti è una vocazione insegnare. O
una scelta obbligata dagli studi. Chi frequenta la Ssis in Italia
non bada a spese e per due anni si rimbocca le maniche spesso
gravando sulle famiglie. Uno sforzo che viene compiuto pur sapendo
che gli iscritti effettivi alle graduatorie sono già 237 mila e
l'età media si aggira intorno ai 37 anni. Ma cosa deve fare un
giovane neolaureato per poter insegnare, oltre ad avere in mano una
laurea di secondo livello? Si iscrive in una delle 30 Ssis in tutta
Italia, presso le principali università. Siamo andati ad assistere
alle lezioni dei futuri precari iscritti al IX ciclo della Ssis che
per il momento non entreranno nelle graduatorie.
«UNA STORIA TRA LE TANTE»
- «A settembre ho sostenuto due prove di ammissione. Eravamo in 258
e siamo passati in 12 – ci racconta Francesca Savoini, 30 anni –. La
mia storia è come quella di molti, nella attesa di quello che verrà.
Ho aspettato il nuovo concorsone perché sembrava che il 2007/2008
fosse l'ultimo anno della Ssis, ma poi ad agosto dell'anno scorso ho
guardato in faccia la realtà e ho scoperto che l'unica soluzione per
insegnare era quella di iscrivermi al corso Ssis del IX ciclo, senza
sapere che ci sarebbe stata la beffa». Vale a dire il limbo
legislativo che non prevede ancora l'inserimento nelle graduatorie
per gli ultimi 12mila aspiranti prof sfornati dalle Ssis.
L'AIUTO DELLE FAMIGLIE
- «Come quasi tutti i miei compagni di corso, conto sull'aiuto della
famiglia, altrimenti non potrei permettermi questo "lusso" – dice
ancora Francesca –. Io vengo da Cremona per frequentare la Ssis e la
mattina insegno come precaria in una scuola. Nonostante tutto vado
avanti con determinazione, perché credo in quello che sto facendo».
STUDENTI LAVORATORI
- Ma non c'è solo Francesca. Anche Giorgia,
Nadia, Silvia, Omar e Luigi la mattina insegnano come precari senza
contratto e al pomeriggio frequentano i corsi nelle sedi Ssis. Ma
sono i più fortunati, perché per molti altri c'è solo la Ssis, senza
neppure la possibilità di farsi le ossa e di mettere da parte
qualche soldo con l'insegnamento precario. «Sono iscritta al IX
ciclo del biennio e non insegno in nessuna scuola. In compenso sto
facendo il tirocinio presso un professore accogliente per imparare a
insegnare – dice Nicoletta Eufemi, 26 anni iscritta alla classe di
concorso di storia e filosofia –. Speriamo in bene anche se
oggettivamente siamo preoccupati».
PENDOLARE PER PASSIONE
- Poi c'è Alessandra Rimoldini che ha 29 anni
e si è laureata in lingue alla università Cattolica di Brescia con
110 e lode. Ha iniziato il balletto delle supplenze in 7 scuole per
due anni dal 2006, naturalmente come precaria. Parte tutti i giorni
da Mazzano in provincia di Brescia per raggiungere la Cattolica a
Milano. Prende il treno alle 14 e arriva al pelo alle lezioni. «Per
me è un grande sacrificio come per molti di noi, perché
l'insegnamento è una passione. Non è certo per il riconoscimento
economico che ho scelto questa strada. Tutti i mesi spendo 400 euro
di viaggio per frequentare i corsi, oltre alla retta, che per
fortuna l'hanno pagata i miei genitori. Noi non sappiamo quale è il
nostro destino e ognuno si arrangia come può».
«SERVE CONTINUITÀ»
- Pragmatico invece l'atteggiamento di Simona
Rossi 32 anni, aspirante docente di lettere e frequentante Ssis:
«Per me l'importante è lavorare con continuità. Il nostro chiodo non
è più il posto fisso, anche se per molti di noi non è così. Del
resto nelle scuole private oggi ottieni al massimo dei contratti a
progetto, con uno stipendio di 600-800 euro quando si è fortunati.
Cosa dobbiamo fare per insegnare? Le proviamo tutte».