Il dito puntato contro «il fallimento degli
intellettuali»,
Caro Brunetta, noi docenti Conchita Sannino, la Repubblica ed. di Napoli, 21.8.2008 Trombetti, Tessitore, Labruna, Villone. La prima replica tocca a Guido Trombetti, rettore dell'ateneo Federico II. «Non vorrei parafrasare la Maria Antonietta delle brioche, ma visto che Brunetta lega la sua accusa alla crisi rifiuti io mi chiedo: cosa c'era da fare, una scopa e una strada per ogni docente? Altra cosa è dire che non esiste una società civile-buona contro una società politica-cattiva. Su questo concordo. La seconda è specchio della prima, con zone di contaminazione. Ma vale per ogni grande città». Resta la scontata obiezione che, in una fase di declino, una classe intellettuale più autonoma può rappresentare un più solido anticorpo alla caduta. «Certo. Questo è probabilmente più vero per Napoli». Così il rettore media col Brunetta che lo disturba di meno. «Convince, al di là della demagogia, il tema dell'innovazione nella pubblica amministrazione. Mutatis mutandis, le stesse cose le ripeteva il ministro Nicolais. Ma da rettore ho anche io esempi positivi. Come l'eccellenza di un'area del nostro ateneo: i bibliotecari, grande qualità di lavoratori. Tuttavia, se penso a chi si fa timbrare il cartellino dal collega o all'abuso che si fa di una legge di altissimo profilo, la 104 (prevede l'assenza in ufficio per assistere un congiunto disabile, ndr), mi indigno e comprendo il consenso che alcune sortite guadagnano». Anche Luigi Labruna, ex preside della facoltà di Giurisprudenza, non pone veti e non si offende. «Stimo il giovane ministro, capace di comunicare - premette ironico il giurista - . Ma un intellettuale agisce e non predica. La stoccata sugli universitari inetti ha in sé il difetto di dire molto e niente. Ci sono state compromissioni? Certo. Nessuno sa meglio di me quanto forti siano i poteri forti». Labruna aggiunge: «Brunetta non imbracci queste armi di propaganda. Lo dico riconoscendo al governo una capacità di concretizzare l'azione politica che è mancata a Prodi. Se poi l'abbrivio avrà un effetto duraturo, staremo a vedere». Sulla condanna della classe intellettuale, il giurista chiosa: «Ormai non mi domando se ci siano gli asserviti al potere politico: lo so già, in qualche caso. Quello che mi turba è che coloro che hanno operato in tale senso oggi si atteggino a modernizzatori». E non è dato sapere quei nomi. Lo infilza con poche battute anche Fulvio Tessitore: da 40 anni professore ordinario, per 20 preside di Lettere, per 9 anni rettore, poi senatore nei Ds e nel Pd. «Mi ritiro quando vedo il ricorso alle generalizzazioni. Io ricordo fior di analisi sui giornali, anche critiche nei confronti di ciò che accadeva in città. Ora io resto amico di Bassolino, non sono solito voltare le spalle a qualcuno cui la fortuna non sorride più. Ma sono più severo di Brunetta. Penso che la leadership di centrosinistra non è riuscita a infrangere la struttura storica del potere a Napoli: tra amministrazione, ceto medio e ceto degli affari. Toccava a me modesto studioso determinare nuove condizioni? Non credo. Pensi magari, il moralizzatore Brunetta a farsi paladino della cancellazione di questa legge elettorale anti-costituzionale. E sia chiaro: le ultime liste facevano pena sia a destra che a sinistra». Massimo Villone, ex senatore di Sd, tra le mille riserve che il personaggio-ministro gli ispira, offre solo una parziale adesione. «Il ministro Brunetta è uno spot in sé. Magari ripetitivo, ma efficace - osserva il costituzionalista Villone - . Il punto dei fannulloni piace. Ma non è detto che il prodotto sia buono, anche se le vendite salgono. Le pubbliche amministrazioni vanno rifondate, la dirigenza va ricostruita, le competenze tecniche riportate negli apparati, il rapporto con la politica cambiato radicalmente. Per questo non basta una notte, o una grida manzoniana. E soprattutto il centrodestra non può parlare, perché quanto a spoil system, spartizione clientelare e lobbies, va per la medaglia d'oro. Ha tolto ogni argine sui maxistipendi pubblici, mentre tagliava selvaggiamente su tutto. E dunque ci basta il Brunetta che c'è».
Duole, quella stoccata sui professori
complici. «Il ministro ignora che qualche voce critica c'è stata e
c'è, a partire dalla mia - ribatte Villone - . Ma per una parte ha
ragione, anche se non solo per Napoli. È il modo di governare che
ottunde la critica, e spesso induce gli intellettuali ad accettare
una mordacchia. Potrebbero certo rifiutarsi, ma i santi ed eroi sono
pochi, i navigatori molti. Chi può e sa, deve alzare la voce. Magari
esprimendo la propria rabbia perché il centrosinistra di governo, a
Roma e in periferia, non ha mai raccolto la domanda pressante di
cambiamento che alcuni di noi ponevano con forza». Rimpianto che
brucia ancora. «Se quella domanda fosse stata colta, forse non
avremmo regalato a Berlusconi, tra fannulloni e rifiuti - morde
Villone - uno spot permanente e di portata planetaria». Mentre ora
Berlusconi incassa, Villone? «E il conto lo paga il centrosinistra». |