Indietro tutta.

di Maurizio Tiriticco, da ScuolaOggi, 25.8.2008

Su “La Padania” e sul “Corriere della sera” del 22 u.s. i Ministri dell’istruzione Gelmini e Tremonti, senza più tanti giri di parole, hanno steso la nuova Carta della scuola formato Lega-Pdl! La prudenza che avevo sempre riconosciuto al ministro Gelmini sembra svanita come nebbia al sole e, a questo punto, alla vigila dell’apertura del nuovo anno scolastico, les juex sont faits! E i punti fermi della riforma, anche se nessuno dei due ministri ha il coraggio di chiamarla così (chissà se il Sottosegretario Giuseppe Pizza è stato informato!), sono i seguenti.

1. Le causa delle difficoltà del nostro Sistema di istruzione sono tutte nel ’68 e nel vuoto pedagogismo che ha infettato come un virus la scuola italiana da allora ad oggi! E’ una affermazione testuale della Gelmini! E non è casuale che il titolo dell’intervista del Ministro al Corriere sia, appunto, Quarant’anni da smantellare! Non c’è molto da stupirsi perché parole grosse e avventate a proposito della nostra povera scuola ne abbiamo già sentite! Il punto e a capo della Moratti, almeno, sembrava guardare in avanti! Ma con la posizione ora assunta dalla Gelmini, la nuova parola d’ordine sembra essere indietro tutta! Viene così cancellata d’un colpo tutta l’immane fatica che, a partire dagli anni Sessanta, il Paese ha compiuto con il sostegno dell’intero arco costituzionale delle forse politiche, della cultura e della ricerca educativa (altro che pedagogismo d’accatto!) per liberare la nostra scuola dalle incrostazioni del nozionismo e della selezione, al fine di promuovere quella crescita culturale e sociale che negli anni successivi tutti abbiamo potuto toccare con mano. Così, le 150 ore, la Legge 517, i Programmi del ’79 e dell’85, gli Orientamenti del ’91, il Progetto ’92, le maxisperimentazioni, i Programmi Brocca, sarebbero soltanto i numerosi grimaldelli che la sinistra per un quarantennio ha messo in atto per fare a pezzi la scuola. In altri miei scritti ho tentato di ricercare ed analizzare le ragioni delle difficoltà che il nostro Sistema di istruzione sta oggi attraversando, e che sarebbe lungo riprendere in questa breve nota. Dico soltanto che prendersela con il ’68 e con la sinistra tutta significa solo sparare alle allodole! Chissà se quel prete rosso di Don Milani si salverà dai bulldozer dei neo riformatori! Forse sì, perché la nota Lettera è del ’67!

2. Il Ministro dice chiaramente che occorre tornare ai Promessi Sposi – come se qualcuno negasse l’importanza dell’esperienza manzoniana nella nostra cultura – ed ironizza su una delle competenze di base dell’asse dei linguaggi richieste allo studente a conclusione dell’obbligo di istruzione, competenza che cita testualmente: “padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti”. Che cosa significa ironizzare su questa competenza? E’ forse un attacco all’intera operazione a cui la nostra scuola sta attendendo perché tutti i nostri giovani al compimento dei 16 anni escano dal sistema di istruzione obbligatoria capaci anche di leggere e di scrivere? Competenti, cioè, in quella literacy sulla quale siamo agli ultimi posti nel mondo? A meno che, anche parlare di literacy non sia un’altra funesta invenzione del pedagogismo internazionale, il reale Male Assoluto della scuola tutta!

3. Nell’intervista della Gelmini alla Padania emerge un leit motiv a noi ben noto fin dai tempi della Moratti: “E’ giusto che tutti abbiano la stessa identica formazione, o forse ciascuno dovrebbe seguire le sue inclinazioni? Dobbiamo premiare chi merita o puntare a rendere tutti uguali?” Nessuno ha mai pensato di livellare i nostri studenti… neanche i vituperati pedagogisti! Abbiamo sempre detto che vi sono obiettivi irrinunciabili che dobbiamo pretendere dai nostri studenti! Lo si dice e lo si pratica in tutte le scuole dei Paesi avanzati! E i neoriformatori dovrebbero essere felici di questo, dato che intendono restituire alla scuola rigore, serietà, severità. E poi, pretendere un obiettivo irrinunciabile non significa affatto offendere e reprimere le potenzialità, le inclinazioni, le attese che ciascuna persona esprime, anzi! A meno che – e qui è la pericolosità della proposta – con la giustificazione che le inclinazioni di ciascun devono essere tenute nel debito conto, non si voglia far passare il principio, già sostenuto con vigore dalla Moratti, secondo cui chi non dimostra di essere “portato” per un certo tipo di studi – e sappiamo quali – acceda “liberamente” a studi “più facili” e “meno impegnativi”! Così, ancora una volta si afferma implicitamente che la formazione professionale è meno importante dell’istruzione! E ciò suona anche offesa per la stessa formazione professionale che, in una società tecnologicamente avanzata, non è affatto una scelta di secondo ordine! E, soprattutto, non è più addestramento!

4. Nella stessa intervista sembra che fare “apprendere come rivendicare i propri diritti” sia stato un altro degli obiettivi perversi della scuola postsessantottina! E’ senz’altro vero che l’Educazione civica ha sempre avuto vita grama, ma è anche vero che, laddove la si insegna, il discorso sui diritti non può essere disgiunto da quello dei doveri! Anche in questo passaggio c’è la malcelata allusione al fatto che i professori, tutti di sinistra ovviamente, abbiano usato per quarant’anni l’Educazione civica come un grimaldello per scardinare il concetto stesso di dovere nonché il senso delle istituzioni e dello Stato!

5. A proposito dell’accesso degli alunni stranieri nelle nostre scuole viene avanzata la proposta di istituire delle classi ponte nelle quali gli alunni apprendano in primo luogo la nostra lingua; solo successivamente accederebbero alle classi normali. L’operazione in sé sarebbe anche interessante purché si eviti di ridar vita a quelle classi differenziali che solo alla fine degli anni Settanta abbiamo definitivamente liquidato.

6. Di pura marca leghista sono le eseguenti due innovazioni: ad ogni Regione insegnanti di quella Regione, onde evitare pericolose contaminazioni e la babele delle lingue; e poi largo spazio alle culture regionali, come se i pedagogisti sessantottini non avessero mai avvertito che un corretto sviluppo/crescita di un bambino non può prescindere da una iniziale presa di coscienza e conoscenza del proprio milieu territoriale e culturale. Il che ha sempre implicato anche un approccio alla lingua ed alla storia locale, proprio per consentire in seguito un approccio “morbido” alle culture altre, a quella nazionale, anche nella dimensione transnazionale. Va ricordato che la Dimensione Europea nell’Educazione è stato un leit motiv della nostra scuola soprattutto dopo la firma del Trattato di Maastricht. Il pedagogista sessantottino ha sempre voluto evitare che l’accesso alla cultura locale fosse fine a se stesso! Non so se in questo clima secessionista costruito giorno dopo giorno dalla Lega i bambini veneti non verranno educati al culto della Serenissima tout court! E quelli napoletani al culto dei Borboni! E Garibaldi al muro, insieme a Mazzini!

7. Si decide di ritornare al maestro unico, perché non si può negare a un bambino… strappato alla famiglia (come nelle scuole dell’obbligo di fine Ottocento!) un punto di riferimento certo, una maestra tuttofare, magari da identificare come un seconda mamma! Il mammismo italiano è duro da sconfiggere! Tutto il dibattito che ha animato negli anni Settanta e Ottanta la scelta dei due e dei tre maestri viene cancellato con un semplice colpo di spugna! Ovviamente anche quella scelta è stata una diavoleria dei pedagogisti, tutti felici di creare crisi di identità nei poveri bambini… obbligati ad andare a scuola! Anche perché pare che la scuola serva soltanto a mantenere maestri inutili e fannulloni! Allora ben vengano i tagli per resettare una scuola bulimica!

8. Infine, tutta la disamina del ritorno alla sana valutazione decimale è condotta dal ministro Tremonti. Oltre cinquant’anni di studi sulla valutazione, che hanno interessato il fior fiore della ricerca educativa internazionale e non solo italiana, sono bruciati nello spazio di un paio di cartelle! Il ministro afferma testualmente: “Il ’68 ha portato via i voti sostituendoli con i giudizi. I numeri sono una cosa. I giudizi sono una cosa diversa. I numeri sono una cosa precisa, i giudizi sono spesso confusi”. Anche i terremoti, i moti marini, le pendenze e le temperature corporee – testuale! – sono espressi in numeri! E non ha torto! In effetti anche la prestazione di un atleta olimpico è espressa in numeri! Anche un elettrocardiogramma od un elettroencefalogramma, una tac o una risonanza magnetica sono espressi in numeri Il numero è una gran cosa certamente! In un cesto ci sono dieci mele! Però, quando andiamo a mangiarle, ci accorgiamo che cinque sono mature e cinque marce! Un numero esprime certamente un quantum, ma è sufficiente ad individuare e descrivere anche un quale? Forse il ministro non sa che anche la prestazione di un allievo che apprende può essere espressa in numeri: solo che, in questo caso, questi numeri sono chiamati punteggi e sono l’esito di una cosa che si chiama misurazione! E’ un’altra diavoleria della docimologia, scienza inventata da un certo Stalin, più noto, comunque, nel campo della biologia e della linguistica! Anche il paziente meno avveduto sa bene che i dati di un elettrocardiogramma o di una tac dicono ben poco, se lo specialista non esprime il suo giudizio! E non è detto che sui medesimi dati due specialisti emettano lo stesso giudizio! E ciò accade anche sul quaranta di febbre! In altre parole, sono sufficienti i numeri per individuare delle cause ed assumere una decisione? Non è necessario esprimere anche un circostanziato giudizio? Quando poi si tratta di alunni, per di più in età evolutiva, non di pendenze o di moti marini, può anche darsi il caso che sugli stessi esiti più specialisti esprimano giudizi diversi! Del resto, anche l’insegnante più sprovveduto sa che due sei o due quattro possono sottintendere giudizi molto diversi! Oppure, che la semplice media dei voti difficilmente rappresenta situazioni certe ed inequivocabili. Insomma, per non farla lunga, non si può sparare a zero su oltre cinquant’anni di ricerca sulla valutazione! Il fatto è che la valutazione decimale era funzionale ad una scuola per pochi e fortemente selettiva. In una scuola che, invece, vuole essere per tutti e fortemente orientativa, il discorso diventa più complesso! E allora diciamola tutta, anche con il concorso del Ministro della Semplificazione! Sbaracchiamo tutto! Chi “studia” venga premiato, chi invece “non ha voglia di studiare”… si arrangi! E’ una sua inclinazione, una sua scelta! Parola di ministro! Insomma, che diavolerie sono questi giudizi? Torniamo ai voti di un tempo e la nostra scuola sarà salva!