«I
signori al governo fanno a gara a chi la spara più grossa»
Consolo: «Scuola del Sud? Un'idiozia».
Lo scrittore siciliano replica alla Gelmini.
Intervista al saggista messinese trapiantato a
Milano:
«Sono migliaia gli insegnanti meridionali al Nord»
Ketty Areddia Il Corriere della Sera,
26.8.2008
MILANO - «Parlare di corsi di aggiornamento
per i professori meridionali, di un’istruzione del Sud e di una del
Nord è una grande idiozia, fuori dai tempi. Fomenta l’odio razziale
e non fa emergere il vero problema dell’Italia, che è
l’individualismo e la mancanza di una coscienza civile». Lo
scrittore e saggista siciliano Vincenzo Consolo, emigrato a Milano
nel 1969, difende gli insegnanti meridionali «costretti a lasciare
la propria terra per lavorare» e si scaglia contro la ministra
Gelmini e Umberto Bossi: «I signori che stanno al governo oramai
fanno a gara a chi la spara più grossa».
Lei è nato a Sant’Agata di Militello
e ha frequentato ginnasio e liceo a Barcellona (in provincia di
Messina). Che ricordi ha dei suoi docenti?
«Ho avuto sempre dei professori straordinari. Ricordo in particolar
modo il professori di Lettere e di Filosofia. Non insegnavano solo
storia della filosofia, ma ci introducevano alla cultura e alla
storia contemporanea».
Ma durante gli studi universitari si
è trasferito a Milano…
«Ho frequentato Giurisprudenza e con me c’erano molti meridionali,
che poi sono diventati la classe dirigente dell’Italia del
dopoguerra: i fratelli De Mita, Gerardo Bianco. Allora Milano era un
mito, il paradiso della rinascita italiana. Però mi sono laureato a
Messina, perché per un disguido burocratico dovetti fare il militare
e persi tempo. Dopo la laurea ho insegnato Diritto ed Educazione
Fisica in un Istituto agrario, nelle colline siciliane. Ho evitato
l’avvocatura e il notariato o, peggio, di dover chiedere al politico
di turno di darmi un posto in Regione, come succedeva a tutti i miei
coetanei e come avviene ancora oggi. Infine, quando ho avuto la
malsana idea di fare lo scrittore, sono emigrato a Milano, nel
1969».
Che cosa consigliava ai suoi alunni
di allora e che cosa consiglierebbe agli studenti di oggi?
«Ai miei tempi consigliavo di lasciare Agraria e di scegliere gli
istituti alberghieri, perché con il fallimento della Riforma
Agraria, in Sicilia c’era molta emigrazione e povertà. Oggi i
confini sono molto più aperti di allora. Consiglierei di andare in
Europa, di non andare dal politico a chiedere aiuto. Si diventa
schiavi, clienti del potere».
Lei che ha frequentato Nord e Sud,
che differenze di stile didattico trova tra le due Italie?
«Non vedo differenze. La Gelmini, che è di Brescia, ha fatto delle
dichiarazioni grossolane. Oramai i signori che stanno al governo,
fanno a gara a chi la spara più grossa. Rileggetevi il "Discorso sul
costume degli italiani” di Leopardi. Parlava di una mancanza di
società civile, di un paese dove ognuno pensava a se stesso. Questo
e l’immobilismo sono i veri mali dell’italia, non i professori del
Sud. Tanto più che ci sono migliaia di professori che dal Meridione
emigrano a Nord perché c’è più spazio e più lavoro.
Anche quelli sono stati abbastanza
maltrattati da Umberto Bossi, per la verità…
«Rispondo con un solo esempio: Salvatore Guglielmino, autore con
Leonardo Sciascia de “La Guida al Novecento”, dove moltissimi alunni
hanno studiato letteratura, era di Ragusa. Ha insegnato all’istituto
Manzoni di Milano e ne ha fatto storia e lustro. Direi che è ora di
smetterla con questi campanilismi inutili. Facciamo una pessima
figura davanti all’Europa. Mi dispiace che lo stesso presidente
della Regione Sicilia Lombardo dialoghi con la Lega».
A settembre sarà premiato per il suo
impegno civile al SalinaDocFest e sta ultimando un romanzo sui
fondamentalismi, ambientato in Sicilia». Il Sud per lei è una patria
o un ricordo?
«Io sono un disadattato. Il sud è un paradiso abitato da diavoli, da
mafiosi. Per me è l’Itaca che ho lasciato e che non riconosco più.
Milano è la patria immaginaria, il mito del progresso. Ma mi ha
deluso anche questa, per la nascita della Lega, per la progressiva
mancanza di accoglienza e solidarietà».