Adulti impreparati.
Paoloa Mastrocola, La Stampa del
5/9/2007
Quando in pochi e sparuti, qualche annetto fa,
osavamo dire che un'ignoranza cosmica avrebbe a breve termine spazzato
via la scuola come l'onda di uno tsunami, ci sparavano a vista.
Sembrava agli altri che tutto andasse bene, che vivessimo nel migliore
dei mondi possibile, e che qualcuno di noi fosse irrimediabilmente
malato di un passatismo bieco. Che fosse, la nostra, una malattia
contagiosa non avremmo mai detto. Diciamo che la realtà è possente, e
che quindi ciò che è ora sotto gli occhi di tutti risulta difficile a
negarsi: ragazzini che non sanno in che regione si trovi Pistoia o
Frosinone, pensano che il dittongo sia una complicata malattia
infantile, sbagliano le addizioni e s'impaperano su una frase che
contenga più di quattro parole; laureandi dinoccolati o nerboruti che
ignorano l'ortografia e biascicano monosillabi agli ultimi esami di
università. Obbrobri vari che riuscire ancora a non vedere oggi
sarebbe impresa titanica.
Dunque, stiamo correndo ai ripari. Come potremmo non farlo? E il
ministro Fioroni guida degnamente la nostra corsa. Osa addirittura
resuscitare gli antichi mostri: le tabelline, la grammatica, la
geografia tradizionale. Incurante delle vecchie battaglie contro il
nozionismo, ha il coraggio di guidare la rivoluzione del buon senso.
Il vento è cambiato, tira aria di serietà nonché di (leggera)
severità. Non posso però non ricordare che la tragedia fu annunciata
eccome, e che forse avremmo potuto non arrivare a tanto. Nel 1998
apparve un libro fondamentale e dirompente: Segmenti e bastoncini di
Lucio Russo (Feltrinelli). Quando lo lessi mi sentii felicemente meno
sola. Andavo chiedendo a tutti se lo avevano letto, ma mi circondava
un silenzio imbarazzato e ostile: capii ben presto che quel libro era
tabù. Lucio Russo denunciava allora (quasi dieci anni fa!) i rischi
della riforma allora in corso, che, tanto per dirne alcune, metteva
tra parentesi i contenuti, emarginava lo studio del latino e greco,
celebrava l'uso sfrenato dei computer, auspicava una banalizzazione e
una deconcettualizzazione dei saperi in virtù della quale era meglio
chiamare "bastoncini" i segmenti, esaltava la scuola unicamente come
luogo di socializzazione e consigliava i videogiochi come principale
strumento formativo per le giovani e moderne menti, a scapito delle
noiosissime lezioni in classe, tenute da sproloquianti professori
modello tempo che fu.