I bambini a rischio nella scuola del futuro.

Massimo Ammaniti  la Repubblica 14/9/2007

 

L´Impero Britannico era ben consapevole che per mantenere la propria egemonia dovesse educare i propri giovani ad avere un forte autocontrollo ed un solido senso di identità, in quanto rappresentanti del proprio Paese. Per altri versi anche in Italia quando fu raggiunta l´unità del nostro Paese si pose il problema di formare le nuove generazioni per divenire cittadini del nuovo stato, come è ben raccontato nella favola pedagogica di "Pinocchio", quadro di un´Italietta popolata da furbi e truffatori che puntano solo al proprio tornaconto personale, privi di qualsiasi senso civico.

In questi giorni, con l´intervento del Ministro della Pubblica Istruzione, si ritorna a parlare di formazione dei giovani. E il Ministro prefigura un orizzonte formativo ben diverso da quello proposto dal precedente Ministro, Letizia Moratti, che propugnava le tre I, inglese, Internet ed impresa, quasi si trattasse di formare manager interessati ad accumulare ricchezza, tutto sommato poco attenti al bene comune. Il Ministro Fioroni ci ha riportato con i piedi a terra, certe competenze sono necessarie e sono le stesse della scuola tradizionale, imparare le nozioni di base che permettono di far di conto e parlare un italiano corretto, certamente non quello utilizzato negli sms dei cellulari. Avrei anche aggiunto un vecchio termine che non si usa più, ossia la condotta in quanto capacità di rispettare l´autorità degli insegnanti e saper convivere con i propri compagni di classe evitando sopraffazioni ed egoismi personali.
Il capitale umano rappresentato dalle nuove generazioni deve essere salvaguardato e valorizzato con grande attenzione, infatti le potenzialità dei bambini e dei giovani possono contribuire alla crescita del paese, non solo in termini civili e sociali, ma anche in termini economici. In un interessante scritto di Duncan e Magnuson "Costs and benefits from early investments to promote human capital and positive behavior" (Costi e benefici degli investimenti precoci per promuovere il capitale umano e il comportamento positivo) viene sollevato un interrogativo rilevante, se le spese governative che vengono investite sulle competenze cognitive e comportamentali dei bambini, rappresentino un utile "profitto" per l´intera società. Infatti l´abbandono e il ritardo scolastico (19.000 studenti abbandonano durante il primo anno delle scuole superiori ), che come sappiamo è un fenomeno consistente in Italia ben al di sopra della media europea, è un costo non solo per i bambini che avranno in futuro minori opportunità in termini lavorativi e di salario, ma anche per la società che deve affrontare i costi per sostenere queste persone sul piano, ad esempio, assistenziale spesso per tutta la vita. Da questo punto di vista, oltre ad assicurare per tutti i bambini l´acquisizione di competenze di base necessarie per poter proseguire gli studi, si tratta anche di prevedere specifici interventi per i bambini a rischio in modo da favorire il successo scolastico.

In altri paesi si è cercato di aiutare i genitori più in difficoltà, provenienti da ambienti a rischio, in modo che potessero seguire meglio i figli anche sul piano scolastico. I risultati di questi programmi sono stati in realtà inefficaci se prendiamo in considerazione il rendimento scolastico dei figli, mentre hanno migliorato le capacità dei genitori. Migliori risultati sono stati ottenuti, come dimostrano recenti esperienze del welfare, dando degli incentivi economici che integrano gli introiti familiari, soprattutto a livello dei risultati scolastici dei bambini più piccoli, a differenza dei figli più grandi che non sembrano ricavarne benefici.

Più promettenti sono gli interventi diretti a quello che abbiamo definito capitale umano dei bambini. Ormai molti studi controllati dimostrano che interventi educativi nei primi anni di vita dei bambini garantiscono buoni risultati, soprattutto se provengono da famiglie disagiate. Quantunque non tutti i bambini che frequentano servizi educativi prescolari (come ad esempio asili nido) perlomeno per un anno diventeranno poi laureati, in ogni caso i loro risultati scolastici e comportamentali sono senz´altro incoraggianti se confrontati con i bambini che non hanno queste possibilità.

Quali conclusioni? Gli interventi di sostegno, soprattutto se effettuati nei primi anni di vita nei bambini a rischio, sono senz´altro efficaci e in ogni caso meno costosi degli interventi successivi, necessari per affrontare difficoltà di apprendimento, ripetenze scolastiche e problemi comportamentali che possono sfociare in qualche caso in conseguenze antisociali. Bisogna saper valutare quali programmi siano efficaci e in quali fasce di età, anche se da tutti gli studi internazionali emerge che prima si interviene migliori sono i risultati, con costi decisamente più limitati.