I "riformisti" del PD e la scuola.
Gianfranco Giovannone da
DocentINclasse, 23 ottobre 2007
Qualche settimana fa, è uscito come supplemento
al quotidiano “Il Riformista” un libretto di Michele Salvati dal
titolo “Il Partito Democratico per la Rivoluzione Liberale”. Michele
Salvati, come molti sapranno è uno dei principali artefici del
Manifesto del Partito Democratico, quindi ci sembra importante
analizzare le sue idee in relazione al sistema educativo del nostro
Paese, contenute nel capitolo “Istruzione,Istruzione, Istruzione”.
Diciamo subito che l’impostazione di Michele Salvati suscita non poche
perplessità e conferma i dubbi sul “riformismo” ideologico e
decisamente “estremista” dello stesso Salvati, di Nicola Rossi e,ad
esempio, degli economisti di la voce. info, spesso presi di mira da
Eugenio Scalfari per la loro astrattezza e il loro “fondamentalismo”
ultra-liberista.
E’ uscito qualche settimana fa un libro firmato da due economisti
famosi come Francesco Giavazzi e Gianni Alesina, Il liberismo è di
sinistra. Mi ripromettevo di leggerlo, ma mi ha dissuaso dal farlo una
puntata di 8 e mezzo in cui gli autori, dopo aver spiegato come il
liberismo rappresenti la più alta forma di giustizia perché promuove
la mobilità sociale, premiando le capacità e il merito
indipendentemente dalla classe sociale di provenienza, sono stati
visibilmente messi in difficoltà da una domanda velenosa di Ritanna
Armeni. La giornalista ha semplicemente fatto osservare che autorevoli
studi hanno rilevato come ci sia un grado di mobilità sociale più alto
in un paese assai poco liberista come la Germania rispetto agli Stati
Uniti, per antonomasia patria del liberismo economico e sociale. I due
autorevoli giornalisti non hanno negato l’esistenza e la validità di
tali studi,limitandosi a farfugliare dichiarazioni di principio e
vaghezze assai poco scientifiche, implicitamente ammettendo l’impianto
squisitamente ideologico del loro libro, che quindi ho deciso non
valesse la pena leggere.
Un altro esempio plateale di questo “fondamentalismo” che ci riguarda
da vicino viene da Nicola Rossi, l’altra punta di diamante, assieme a
Michele Salvati, del liberismo di sinistra. Commentando la conclusione
della vicenda contrattuale del pubblico impiego, che con due anni di
ritardo porterà nelle nostre tasche circa 70 euro netti, Nicola Rossi
accusava il ministro Padoa Schioppa di aver firmato “un contratto da
Babbo Natale”. Credo che l’affermazione si commenti da sola, ma simili
posizioni decisamente sopra le righe non possono essere sottovalutate
perché nel provinciale dibattito mediatico del nostro paese
rappresentano l’innovazione e la modernità, facendo automaticamente
apparire conservatore o addirittura reazionario chi non le condivide,
o semplicemente le considera discutibili.
Credo invece che gli aderenti al Partito Democratico, “riformisti” per
definizione e quindi non sospettabili di massimalismo,abbiano tutto il
diritto di discutere il significato e ridefinire le valenze del
concetto di “riformismo”. Anche perché il riformismo nella sua attuale
configurazione si presenta con un alto tasso di aggressività nei
confronti non solo della sinistra radicale, ma soprattutto all’interno
dello stesso schieramento di centro-sinistra. Il libretto di Michele
Salvati, ad esempio, ha un atteggiamento più che critico, direi
liquidatorio, nei confronti degli attuali ministri della Pubblica
Istruzione e dell’Università, Giuseppe Fioroni e Fabio Mussi:
“I risultati di questo primo anno di governo, sia per la scuola, sia
per l’Università, confermano tutte le difficoltà , se non
l’intrattabilità, della “missione”. Nel programma del centrosinistra
le parole d’ordine giuste c’erano (quasi) tutte: merito, efficienza,
selettività, valutazione, delegificazione, autonomia, mobilità…Di
fatto quelle parole d’ordine sono rimaste in buona misura lettera
morta, con poche eccezioni la scuola e l’università hanno continuato
la loro sconfortante traiettoria di galleggiamento e per entrambe…la
stessa gestione ordinaria è stata al di sotto di standards
accettabili”.
Una simile, feroce sconfessione dell’operato di Giuseppe Fioroni e di
Mariangela Bastico sarebbe apparsa scandalosa anche se pronunciata da
un esponente della Casa della Libertà o dei Cobas, anche perché va
contro il senso comune e l’opinione di autorevoli intellettuali come
Mario Pirani o Giulio Ferroni che hanno apprezzato il tentativo di
ridare alla scuola quell’autorevolezza perduta negli ultimi anni, e
alla quale certo non ha contribuito il “riformismo” di Luigi
Berlinguer e di Letizia Moratti.
C’è da chiedersi come mai Michele Salvati dia un giudizio tanto severo
sull’azione del governo nei confronti della scuola, ma sembra che il
motivo sia uno solo: non essere riusciti a mettere in riga gli
insegnanti che come tutti sanno sono fannulloni, incapaci e
corporativi. Si cita infatti Pietro Ichino e il “professor M”, senza
ricordare che il tasso di assenteismo nella scuola è forse il più
basso all’interno del pubblico impiego, si fantastica della forte,
complessa e conflittuale sindacalizzazione del settore (e qui viene
davvero da ridere), si individua nella categoria degli insegnanti un
micidiale ostacolo sulla via della modernizzazione della scuola:
“Se il Partito Democratico vorrà affrontare questo compito deve sapere
che si esporrà a rischi non piccoli. Che probabilmente incontrerà
l’ostilità non piccola dei sindacati della scuola. E che il personale
della scuola, oggi uno dei principali sostegni elettorali del
centrosinistra, nel breve periodo non sarà certo grato per averlo
sottoposto a questo processo di innovazione”.
E’ questo lo spirito con cui il Partito Democratico intende chiederci
i voti per andare al governo?