Confermata la condanna di due precari per
interruzione di pubblico servizio.
Reato occupare la scuola per motivi sindacali.
(Cassazione 35178/2007).
da
CittadinoLex
del 23/11/2007
Rischiano una condanna per interruzione
di pubblico servizio i rappresentanti del personale scolastico che
occupano la scuola per protesta chiedendo la trasformazione del
proprio contratto a termine in contratto a tempo indeterminato. Lo ha
stabilito la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione
confermando in parte la condanna inflitta dalla Corte di Appello di
Catanzaro a due precarie della scuola che, in possesso delle chiavi
dell’edificio scolastico, avevano messo in atto una protesta occupando
l’istituto ed erano state denunciate per interruzione di pubblico
servizio ed invasione di edificio. Secondo la Seconda Sezione Penale
va confermata la condanna relativa all’interruzione di pubblico
servizio in quanto le imputate, “pur avendo agito per motivi
sindacali, hanno del tutto consapevolmente cagionato l'evento,
consistente nella alterazione del normale svolgimento del servizio
scolastico”. La Suprema Corte ha inoltre sottolineato che l'esercizio
dei diritti di cui agli artt. 17 e 21 Cost. cessa di essere legittimo
quando travalichi nella lesione di altri interessi costituzionalmente
garantiti, e che la nozione di invasione non si realizza
esclusivamente con il requisito della violenza, che può anche mancare
, essendo sufficiente per integrare il reato l'introduzione arbitraria
e cioè contra ius da parte dell'agente, in quanto privo del diritto di
accesso: nella fattispecie, infatti, le imputate hanno «invaso» al
fine di «interrompere» o turbare la regolarità di un ufficio o di un
servizio pubblico. (23 novembre 2007)
Suprema Corte di
Cassazione, Sezione Seconda Penale,
sentenza n.35178/2007
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi sigg.ri Magistrati:
Dott. Giorgio Di Iorio Presidente
1) Dott. Francesco Monastero Consigliere est.
2) Dott. Franco Fiandanese Consigliere
3) dott. Alberto Macchia Consigliere
4) Dott. Annamaria Ambrosio Consigliere
Ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
Sul ricorso proposto dall'Avv. Vincenzo
Arcangelo nell'interesse di P. G. e R. R. , avverso la sentenza della
Corte di appello di Catanzaro pronunciata in data 21 novembre 2006;
visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita, all'udienza pubblica del 3 luglio 2007, la relazione del
Consigliere, dott. Francesco Monastero;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO
Con sentenza pronunciata in data 21
novembre 2006, la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza
con la quale il Tribunale di Rossano, in data 3 giugno 2004, aveva
condannato P. G. e R. R. alla pena di sei mesi uno di reclusione,
unificando sotto il vincolo della continuazione i reati di cuiagli
artt. 110, 340, 633 e 639 bis cod. pen [1].
Le doglianze difensive dedotte nell'atto di gravame concernevano a) la
punibilità delle imputate che, ad avviso della difesa, avrebbero posto
in essere un comportamento costituente legittima estrinsecazione del
diritto di sciopero, con conseguente applicabilità dell'esimente di
cui all'art. 51 cod. pen. , in riferimento a tale diritto,
costituzionalmente garantito, b) la stessa configurabilità del reato
di interruzione di servizio pubblico, dal momento che il corpo
insegnante ed il personale amministrativo della scuola occupata erano
comunque rimasti nell'edificio scolastico, impegnati in altri lavori,
c) la possibile configurabilità, in estremo subordine, della
fattispecie di cui agli artt. 330 e 333 cod. pen. , ora abrogati e, d)
l'impossibilità di configurare, nella specie, la fattispecie di cui
all'art. 633 cod. pen. atteso che tale delitto postula una invasione
finalizzata all'occupazione arbitraria, nel caso in questione del
tutto insussistente perché le imputate facevano parte del personale
scolastico ed erano in possesso delle chiavi dell'edificio.
Quanto alla applicabilità del reato di cui all'art. 340 cod. pen.,
sosteneva la Corte territoriale l'irrilevanza della durata
dell'interruzione e l'entità del turbamento quando, come nella specie,
vi era stata un'effettiva "alterazione" del normale svolgimento del
servizio per un tempo apprezzabile.
Con specifico riferimento alla richiesta applicazione della
scriminante di cui all'art. 51 cod. pen. la Corte territoriale
riteneva necessaria la sussistenza, in capo all'agente, di un vero e
proprio diritto soggettivo tale da comportare il sacrificio di tutti
gli altri interessi in contrasto, nella specie del tutto mancante, e
comunque, in contrasto con altri diritti costituzionalmente garantiti;
a tutto voler concedere, proseguiva la Corte territoriale, si sarebbe
configurata una ipotesi di abuso del diritto stesso, con conseguente
esclusione della operatività dell'art. 51 cod. pen.
Riteneva, infine, la corte territoriale configurabile anche le
fattispecie di cui agli artt. 633 e 639 bis cod. pen. poiché le
imputate si erano introdotte arbitrariamente nell'edificio scolastico
al fine di occuparlo, e ciò doveva ritenersi sufficiente ai fini della
configurabilità del reato contestato, non essendo necessaria la
sussistenza di modalità violente.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l'Avv. Vincenzo
Arcangelo per conto delle imputate deducendo violazione dell'art. 606
lett. e) cod. proc. pen., con riferimento a) all'art. 40 Cost., b)
all'art. 340 cod. pen., c) agli artt. 633 e 639 cod. pen., d) all'art.
51, cod. pen., e) all'art. 62, numero 1, cod. pen.
Quanto al primo motivo, sostiene il difensore delle imputate che il
Giudice di appello avrebbe omesso ogni valutazione in merito alla
qualificazione del fatto-reato, con specifico riferimento alla
condotta che, essendo finalizzata alla tutela di un diritto soggettivo
proprio e costituzionalmente protetto e alla estrinsecazione del
diritto di sciopero, non poteva in alcun modo integrare la fattispecie
incriminatrice contestata; sarebbe infatti palese, ad avviso del
ricorrente, la violazione dell'art. 40 Cost. anche perché la condotta
era finalizzata esclusivamente a incidere sul processo di formazione
della volontà pubblica per ottenere un contratto di lavoro a tempo
indeterminato.
Inoltre, la mancanza del preavviso avrebbe potuto essere sanzionata
solo amministrativamente, rappresentando l'occupazione delle scuole
solo una modalità di esercizio del diritto di sciopero e l'attività
amministrativa nel suo complesso non era stata turbata, avendo la
direttrice scolastica fatto ritornare gli alunni a casa per scelta
interna, e non in conseguenza del comportamento delle impuntate.
Con il secondo motivo il difensore ricorrente sostiene che la condotta
doveva essere inquadrata, sia sotto il profilo soggettivo che
oggettivo nelle fattispecie incriminatrici abrogate di cui agli artt.
330 e 333 cod. pen., non essendo tra l'altro configurabile un concreto
pregiudizio per il servizio pubblico.
Quanto al terzo motivo, sostiene il ricorrente che le fattispecie di
cui agli artt. 633 e 639 bis cod. pen., non sarebbero comunque
configurabili nel caso di specie poiché da un lato la P.A. sarebbe
stata a conoscenza dello stato di reale e costante agitazione
sindacale delle lavoratrici, e dall'altro non sarebbe sussistita
alcuna "invasione arbitraria" dell'edificio dal momento che le
imputate erano in possesso delle chiavi e l'entrata nel complesso
scolastico sarebbe avvenuta con modalità pacifiche.
Con il quarto motivo il ricorrente deduce che le condotte incriminate
si ricollegherebbero ad un fatto costituente esercizio di un diritto
costituzionalmente garantito e per tale motivo non potrebbero essere
qualificate come reato; sarebbero infatti da considerarsi non
punibili, oltre alle condotte principali riconducibili al diritto di
sciopero, anche le condotte sussidiarie poste in essere dalle
imputate, come l'occupazione scolastica, poiché, come affermato dalla
stessa Corte Costituzionale, le stesse rientrerebbero nell'ambito
dell'esercizio del diritto al lavoro, sotto la specie del diritto alla
conservazione del posto di lavoro.
Quanto all'ultimo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell'art.
62 n° 1 cod. pen.: il giudice erroneamente non avrebbe riconosciuto
tale circostanze attenuante poiché l'aver posto in essere una condotta
al fine di salvaguardare un posto di lavoro configura "in capo
all'agente una volontà diretta ad eliminare una situazione
effettivamente antisociale con obiettiva rispondenza a valori
effettivamente apprezzabili dal punto di vista etico-sociale", oltre
che costituzionalmente garantiti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è parzialmente fondato.
Quanto al primo e al quarto motivo che, per la comunanza dell'oggetto,
possono essere decisi unitariamente, è sufficiente ricordare che
l'esercizio dei diritti di cui agli artt. 17 e 21 Cost. cessa di
essere legittimo quando travalichi nella lesione di altri interessi
costituzionalmente garantiti, come quando si realizza la condotta di
cui all'art. 340 cod. pen. con modalità di condotta che, come nella
specie, esorbitano dal fisiologico esercizio di quei diritti.
Essendo palese il superamento di quei limiti – l'occupazione
temporanea della scuola per un tempo apprezzabile integra senza dubbio
gli estremi della fattispecie criminosa contestata – non può essere
nella specie invocata la causa di non punibilità di cui all'art. 51
cod. pen.
Quanto al secondo motivo, questo collegio osserva che le imputate, pur
avendo agito per motivi sindacali, hanno del tutto consapevolmente
cagionato l'evento, consistente nella alterazione del normale
svolgimento del servizio scolastico: e ciò integra, anche sotto il
profilo soggettivo, il reato in esame.
Quanto al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62. n.1,
cod. pen., è agevole osservare che i "motivi di particolare valore
morale e sociale" non possono certo essere riconosciuti nel
comportamento di chi commette consapevolmente un reato per indurre la
pubblica amministrazione a trasformare in definitivo un contratto di
lavoro a tempo parziale, con l'affermazione, peraltro del tutto
infondata, che la volontà dell'illecito comportamento era quella di
"eliminare una situazione effettivamente antisociale".
Il terzo motivo è, invece, fondato.
Il reato di cui all'art. 633 cod. pen., presuppone infatti, una
condotta di arbitraria invasione di terreni o edifici al fine di
occuparli o di trarne altrimenti profitto.
E' vero quanto afferma la Corte territoriale che la nozione di
invasione non si realizza esclusivamente con il requisito della
violenza, che può anche mancare , essendo sufficiente per integrare il
reato l'introduzione arbitraria e cioè contra ius da parte
dell'agente, in quanto privo del diritto di accesso: è altresì vero,
però, che l'elemento soggettivo della fattispecie di cui all'art. 633
cod. pen. consiste nella finalità di "occupare" il bene che viene
arbitrariamente invaso, finalità del tutto insussistente nella specie
in cui le imputate hanno "invaso" al fine di "interrompere" o turbare
la regolarità di un ufficio o di un servizio pubblico.
Le due fattispecie hanno una diversa obiettività giuridica, nella
specie solo apparentemente sovrapponibile: l'occupazione arbitraria è
infatti, solo un accidens della condotta che, nella specie , era
finalizzata, e del tutto pacificamente, esclusivamente
all'interruzione del pubblico servizio.
A mente dell'art. 624 cod. proc. pen., diventa irrevocabile la parte
della sentenza concernente l'affermazione della responsabilità in
ordine al reato di cui all'art. 340 cod. pen., e gli atti vanno
trasmessi alla Corte di appello di provenienza solo per la
rideterminazione della pena.
P.Q.M.
Annulla e senza rinvio la sentenza impugnata in ordine al reato di cui
all'art. 633 cod. pen., perché il fatto non costituisce reato e
dispone che gli atti siano trasmessi ad altra sezione della corte di
appello di Catanzaro per la determinazione della pena in ordine al
reato di cui all'art. 340 cod. pen.;
rigetta nel resto il ricorso.
Il consigliere estensore Il Presidente
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
IL 20 SETTEMBRE 2007
NOTE
[1]
L’art.340 del codice penale
(Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di
pubblica necessità) dispone: "Chiunque, fuori dei casi preveduti da
particolari disposizioni di legge cagiona un'interruzione o turba la
regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di
pubblica necessità è punito con la reclusione fino a un anno.
I
capi promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a
cinque anni".
L’art.633 del codice penale (Invasione di terreni o edifici) dispone:
"Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o
privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è
punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due
anni o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Le
pene si applicano congiuntamente, e si procede d'ufficio, se il fatto
è commesso da più di cinque persone, di cui una almeno palesemente
armata, ovvero da più di dieci persone, anche senza armi".
L’art.639 bis (Casi di esclusione della perseguibilità a querela)
prevede che "nei casi previsti dagli articoli 631, 632, 633 e 636 si
procede d'ufficio se si tratta di acque, terreni, fondi o edifici
pubblici o destinati ad uso pubblico".