Montecitorio modifica la norma sul nuovo La camera frena i poteri dei presidi. Non potranno più trasferire il professore per incompatibilità da ItaliaOggi del 9/10/2007
Maggior potere ai presidi negli interventi
disciplinari. Ma con misura. Anche l'ultima norma, quella più
contestata dalla sinistra radicale, Rifondazione in testa, e dalla
Rosa nel pugno che ha optato per l'astensione, è stata approvata ma
con novità non irrilevanti. Si tratta del disegno di legge n. 147 di
conversione in legge del dl sull'avvio dell'anno scolastico, che è
stato licenziato la scorsa settimana dall'aula di Montecitorio. Il
testo, che ora passa al senato per l'approvazione definitiva (entro il
6 novembre), nella nuova versione limita i poteri di intervento dei
presidi in caso di incompatibilità ambientale dei prof: potranno
intervenire anche in corso d'anno ma solo previo consenso del collegio
dei docenti. Quanto ai casi di «grave turbamento», resta, rispetto
alla versione originaria del dl, ai dirigenti scolastici il potere di
sospensione ma solo «per comprovate ragioni» all'interno delle quali
non rientrano in maniera categorica quelle che toccano la libertà di
insegnamento o le libertà individuali tra cui l'orientamento sessuale.
Tra l'altro, è saltata anche la norma che assegnava al preside il
potere di adibire ad altro incarico il docente che è contestato per
incompatibilità ambientale. Per il resto, tempi ben definiti, 120
giorni al massimo, per la conclusione dei procedimenti e stretta sulle
prerogative del Consiglio disciplinare il cui parere, da esprimersi
entro 60 giorni, pur rimanendo obbligatorio cessa di essere
vincolante. Tra le altre novità del dl, il ripristino del tempo pieno
alle primarie, l'inasprimento degli esami di licenza media con
l'introduzione di una quarta prova di cultura generale predisposta
dall'Istituto nazionale di valutazione, l'impossibilità per i
privatisti di scegliere l'istituto in cui sostenere l'esame di
maturità, un ritocco all'Invalsi il cui comitato di indirizzo passa da
otto a tre membri grazie a un emendamento presentato dall'ex
sottosegretario all'istruzione Valentina Aprea e fatto proprio dal
governo, il trasferimento all'Economia, e a partire dal 2007-2008,
degli oneri relativi al pagamento delle supplenze delle docenti in
maternità, lo sblocco dei finanziamenti per i concorsi per
ricercatori, università ed enti di ricerca e, infine, il controllo dei
risultati realizzati dagli stessi ricercatori appena assunti. Ma è
sicuramente il provvedimento relativo alla reintroduzione del tempo
pieno quello che, al di là del parere negativo di alcuni membri del
centro-destra, merita maggiore attenzione. Innanzitutto per quanto
concerne gli organici che rimangono quelli già fissati per il
2007-2008 (con l'integrazione di personale esterno fornito dagli enti
locali) poiché l'approvazione del provvedimento non implica né un
incremento del numero delle classi né una estensione generalizzata del
servizio. Detto in altri termini, all'attivazione del tempo pieno –
che attualmente copre solo il 25% del fabbisogno dell'offerta
formativa con disparità territoriali enormi – dovranno concorrere
anche le regioni che così vengono chiamate, tra l'altro, a sostenere
il modello dell'integrazione sociale e culturale dei minori immigrati
e degli alunni disabili, «sulla base delle risorse definite in sede
d'intesa con la Conferenza unificata nell'ambito delle esistenti
disponibilità di bilancio». La discussione che ha accompagnato il
disegno di legge è esente da ambiguità: all'interno del piano
triennale (articolo 1, comma 1, dl 147) debbono essere contemplati «i
bisogni formativi espressi dal territorio e i modelli organizzativi
che a essi rispondono, assicurando alle scuole risorse commisurate
all'effettivo servizio erogato, tenendo conto del tempo dedicato alla
mensa, individuando al tal fine anche modalità innovative di utilizzo
di personale esterno o personale assegnato dagli enti locali,
attraverso apposite convenzioni e accordi con la conferenza
stato-regioni». Sempre rispetto al tempo pieno, il dl ne fissa
l'orario a 40 ore comprensive del tempo mensa, ne subordina
l'attuazione all'esistenza di strutture funzionanti e impone, da un
lato, che l'organizzazione didattica debba prevedere la suddivisione
dei docenti per ambiti disciplinari e, dall'altro, che la
programmazione didattica e l'articolazione delle discipline debbano
essere conformi ai programmi vigenti. Una vera e propria smentita
delle norme contenute nel decreto legislativo n. 59 del 2004 che,
predisponendo la suddivisione dell'orario complessivo settimanale tra
27 ore settimanali curricolari e 3 ore facoltative e opzionali
disarticolava, di fatto, l'offerta formativa. |