Studenti a casa il mercoledì e il sabato. Gli esperti italiani si dividono
Scuola, la Francia riduce l'orario In classe Giulio Benedetti Il Corriere della Sera del 2/10/2007
ROMA — Dal prossimo anno per i bambini delle elementari francesi la campanella suonerà quattro giorni a settimana invece di cinque: alla storica pausa del mercoledì si aggiungerà la settimana corta. E' l'effetto di un taglio di circa cento ore (da 958 a 864 l'anno) decisa dal governo per diminuire le distanze dalla media europea che è di 800 ore, mentre l'Italia è a quota 980. Quattro giorni in classe e tre in famiglia. Una soluzione che in Italia viene bocciata da tutti, a cominciare dalle famiglie e a seguire prof, dirigenti scolastici e pedagogisti. La piccola rivoluzione d'Oltralpe, a parte la settimana corta generalizzata in Italia dal 1990-1, pone un problema che nessuno sa risolvere: i bambini italiani come e dove passerebbero il tempo sottratto alla scuola? In Italia l'unica proposta in materia è quella avanzata dal ministro del Turismo e vicepremier Rutelli: un calendario delle vacanze più duttile, con pausa estiva più breve compensata da interruzioni invernali e primaverili più lunghe, ma neppure un'ora in meno. Oggi la formula più diffusa è quella delle 30 ore settimanali con uno o due rientri pomeridiani. Il 27 per cento degli alunni frequenta invece un tempo pieno di 40 ore. Un peso eccessivo? Non lo nega Angela Nava, presidente del Coordinamento genitori democratici: «L'idea di un minor tempo scuola non induce necessariamente a riflessioni negative, perché spesso ci accorgiamo che i bambini avrebbero bisogno di più tempo da dedicare alla loro infanzia, all'essere bambini ». «Ma la scelta nel nostro Paese — aggiunge subito dopo — diventa inapplicabile perché non esistono interventi specifici alternativi». «La scuola — aggiunge Angela Nava — ha rappresentato e rappresenta ancora una grande camera di compensazione per le molte politiche dell'infanzia disattese ». Il ministro francese dell'Educazione Xavier Darcos vorrebbe utilizzare il surplus di ore per dei corsi di recupero per i bambini in difficoltà. La ricetta non convince però il leader dei prof della Cgil: «Siamo in una società dove aumentano a dismisura le diversità tra i ragazzi per quanto riguarda l'apprendimento e la quantità di informazioni possedute — dice Enrico Panini —. Quella francese mi sembra una scelta un po' classista: con meno scuola chi è forte resta sempre forte e chi è debole diventa più debole».
La riduzione dell'orario delle elementari non
sorprende i nostri presidi. «Rientra in una tendenza generale della
scuola francese, che precede l'avvento di Sarkozy, verso
l'essenzialità dei saperi e l'alleggerimento del tempo scuola —
afferma Paolino Petrolino dell'Anp —. Una simile decisione, che
comporta un taglio del 15 per cento dell'orario di lavoro frontale dei
docenti, incontrerebbe da noi resistenze fortissime. Dubito che il
ministero dell'Economia regalerebbe alla scuola tutte quelle risorse».
Per il viceministro Angela Bastico dietro parole come essenzialità dei
saperi e alleggerimento si nasconde in realtà un'offerta formativa più
povera. «Sotto un certo numero di ore — spiega — resta soltanto una
possibilità, quella della lezione in aula, da una parte il maestro e
dall'altra i bambini, senza laboratori di lingue, senza la minima
possibilità di un apprendimento sperimentale». Esistono infiniti
stimoli e opportunità di apprendimento che la permanenza prolungata
nelle aule fa venir meno. Ne è convinta Luisa Ribolzi, sociologa
dell'educazione nell'università di Genova: «In Italia siamo di fronte
a una totalizzazione del tempo dei bambini da parte della scuola. Un
adulto passa meno tempo in azienda. Ma se le alternative sono i
videogiochi, la tv o la nonna semianalfabeta meglio la scuola». |