Ma la legge 62/2000 da Tuttoscuola News n. 314, 12 novembre 2007
Dopo che il Parlamento ha dato con la legge 62/2000 sulla parità scolastica (non impugnata e non smentita da sentenze della Corte costituzionale) l'interpretazione dell'annosa questione su quel "senza oneri per lo Stato", di cui parla l'art. 33 della Costituzione, vale forse la pena di fare alcune riflessioni sul problema, reso ancora una volta di attualità in questi giorni. Proviamo a rovesciare quel discusso "senza oneri per lo Stato". Cosa succederebbe se lo Stato, ad esempio, si dovesse accollare l'onere del servizio di scuole dell'infanzia in tutti quei territori in cui le scuole sono a gestione privata? Si noti bene che proprio grazie a quelle scuole non statali - non in concorrenza con quelle dello Stato - è possibile assicurare il servizio a circa 700 mila bambini che si aggiungono ai 980 mila accolti nelle statali. Escludendo dal computo i circa 130 mila bambini che frequentano scuole pubbliche gestite da Enti locali, cosa succederebbe se fosse lo Stato, dunque, a dover organizzare il servizio per i restanti 570 mila che frequentano oggi scuole dell'infanzia paritarie non statali e non comunali? Senza considerare i costi per l'edilizia che graverebbero sugli enti locali per costruire o acquistare almeno 8.500 edifici scolastici destinati ad accogliere nuove scuole statali, occorrerebbero circa 25 mila nuove sezioni (classi) per ospitare quei 570 mila bambini, per un organico di circa 50 mila docenti, a cui dovrebbero essere aggiunte almeno 10 mila unità di personale Ata statale (tralasciando gli effetti di incremento sugli organici amministrativi). Lo Stato, invece, si limita a dare qualche (contestato) aiuto alle scuole paritarie (comprese quelle dell'infanzia statali), ma nel cambio ci guadagna, eccome. Se, infatti, dovesse pagare 50 mila docenti statali, dovrebbe sborsare annualmente un po' più di 2 miliardi di euro; per il personale Ata dovrebbe aggiungere circa altri 300 milioni annui, e così via.
Appunto. Senza oneri per lo Stato. |