Un emendamento alla Finanziaria prevede concorsi biennali"
Percorso universitario di 3/4 anni, poi un anno di tirocinio e due di prova

"Professori più giovani e stop al precariato". Cambiano le regole per l'accesso alle cattedre.

Ora il ministro Fioroni dovrà produrre il regolamento di attuazione della norma

Salvo Intravaia, la Repubblica del 2/11/2007

 

Cambiano le regole per l'accesso alla cattedra e tramontano le graduatorie dei precari della scuola. Da ora in poi, l'accesso all'insegnamento avverrà soltanto per mezzo di concorsi pubblici. La rivoluzione sul reclutamento e la formazione iniziale del personale docente è ancora all'inizio ma ieri ha segnato un primo importante passo in avanti. La Commissione bilancio del Senato ha approvato un emendamento alla legge Finanziaria che fissa, per l'assunzione dei futuri insegnanti, "concorsi ordinari con cadenza biennale". I particolari del percorso che porterà i giovani dalle aule scolastiche alla cattedra saranno contenuti in un regolamento che verrà scritto dal ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni. Attualmente, anche se non sono mai state applicate, le norme in vigore per la formazione e il reclutamento dei nuovi docenti sono quelle lasciate in eredità dal precedente esecutivo. Norme che saranno cancellate dalla Finanziaria 2008.

Con la nuova procedura il governo conta di centrare tre obiettivi: superare il precariato, reclutare insegnanti giovani e motivati e, soprattutto, persone che siano attrezzate per insegnare. Ma come? Con tutta probabilità per sedere in cattedra occorrerà frequentare un percorso universitario triennale/quadriennale a numero chiuso e, successivamente, acquisire una specializzazione biennale con "forte componente di tirocinio". Saranno riformate le Ssis (le Scuole di specializzazione per insegnamento secondario) e il numero dei futuri insegnanti sarà programmato in relazione al fabbisogno della scuola italiana. I posti disponibili dipenderanno dalle previsioni sul turn-over e sul trend della popolazione scolastica oltre che da una quota "fisiologica" di cattedre a tempo determinato: 30/40 mila al massimo.

Per coloro che, dopo l'intero percorso di studi, otterranno l'abilitazione all'insegnamento sarà la volta del concorso pubblico e, novità assoluta, dell'assunzione a tempo determinato (per uno/due anni) in cui verrà testata la capacità di insegnare. Solo dopo avere superato la prova della cattedra scatterà l'assunzione a tempo indeterminato. Niente più, quindi, anni e anni di precariato prima di acciuffare la cattedra. Il purgatorio dell'insegnante in futuro dovrebbe contare un anno di tirocinio e due anni di "prova".

Con questo meccanismo, dal diploma delle scuole superiori all'insegnamento potrebbero passare 8/10 anni al massimo. Con professori pronti per entrare in classe a 29/30 anni. Questa rivoluzione sul reclutamento dovrebbe anche consentire al nostro Paese di recuperare il gap con gli altri partner europei che annoverano insegnanti ben più giovani dei nostri. Le novità in cantiere saranno accompagnate dalla certezza dei concorsi pubblici: ogni due anni, appunto. "Occorre cadenzare i concorsi a cattedra - spiega Mariangela Bastico, viceministro della Pubblica istruzione - per dare certezze ai giovani. Ma non solo. La scuola italiana ha bisogno di immettere in ruolo insegnanti giovani, con elevate capacità didattiche e motivati. E prima ancora eliminare il precariato: non è possibile, dopo una trafila lunga ed estenuante, aspettare vent'anni prima di essere assunti".

Attualmente, per insegnare alla media o al superiore, occorre studiare cinque anni all'università e successivamente specializzarsi per due anni. Solo dopo sette anni si diventa precari e si comincia un viaggio in quella specie di inferno dantesco che è il mondo delle supplenze. Girone dal quale si esce attorno ai 40 anni, quando con un po' di fortuna si acciuffa l'immissione in ruolo. Inoltre, la maggior parte dei docenti italiani in servizio, compresi quelli reclutati l'estate scorsa, non ha avuto quasi nessun contatto con la "didattica". Metà proviene dalle graduatorie permanenti (ora ad esaurimento) e l'altra metà dai concorsi a cattedre.

I primi, dopo la laurea o il diploma, si sono sobbarcati anni di precariato imparando sul campo a "trasmettere le nozioni", a "tenere alta l'attenzione della classe" e "individualizzare l'insegnamento". I vincitori dei concorsi, in parecchi casi, non hanno potuto fare neppure questa palestra: si sono ritrovati in cattedra senza nessuna esperienza dopo avere superato uno scritto e un orale. Ma in ambedue i casi nessuno ha insegnato ai docenti le "strategie" più adatte per fare imparare agli alunni i concetti, le regole (anche della semplice convivenza civile) e per sviluppare le competenze. Per sopperire a questa carenza, otto anni fa, sono state "inventate" le Ssis che hanno affiancato, non sostituito, gli altri modi per ottenere l'abilitazione all'insegnamento. Ma non sembra abbiano dato i risultati sperati.