Quando il branco siamo noi.

di Carlo Avossa da ReteScuole del 2/11/2007

 

La notizia dell'orribile omicidio di Tor di Quinto a Roma ha offerto alle forze più retrive e razziste del panorama politico ed editoriale italiano l'occasione per rafforzare una campagna di discriminazione in atto già da tempo contro contro tutti quelli che sono o appaiono diversi da quelli che sono bianchi, autoctoni e cattolici: la versione provinciale del Wasp americano.

Questa campagna, che un tempo aveva mediaticamente generato il "mostro" albanese, oggi trova, come nel dodicennio nero in Germania, un nuovo capro espiatorio: il romeno, meglio se Rom.
Il "branco" è costituito oggi da una grande parte di politici e dai media che assediano con ferocia il diverso, nell'illusorio sogno di una purezza etnico-ideologica, per scacciarlo dal suolo nazionale e dalle loro coscienze non del tutto pulite.

Eppure nelle nostre scuole vivono, giocano, studiano decine di migliaia di bambini e bambine, ragazzi e ragazze migranti o figli di migranti.
La scuola pubblica (quella pubblica per davvero, cioè dello Stato: non la privata, frequentata in maggior parte solo da bianchi autoctoni cattolici) per loro è il luogo dove le culture si incontrano, dove lo Stato Italiano si fa garante anche per loro di bisogni fondamentali dell'individuo: stare insieme, imparare e conoscere.

Ma sembra, ancora una volta, che la scuola sia lasciata sola in questo compito. Le risorse economiche, che pure esistono, presso molte Amministrazioni e che potrebbero facilitare la frequenza a scuola dei bambini e delle bambine Rom, per esempio, sono inutilizzati perchè è diventata un'eresia, una bestemmia anche solo pensare di fare una cosa del genere.
Nessuno ci pensa più: si sgombera, e basta.

Così la scuola accoglie, integra, con le sue forze o poco più l'infanzia e la gioventù migrante; le Amministrazioni Comunali mandano le ruspe a spianare le baracche dove questi/e bambini/e e ragazzi/e vivono con le loro famiglie.

Non esiste da nessuna parte, in Italia, una politica dello Stato per l'integrazione di Rom e migranti. Essa, cruciale per l'avvenire sociale del nostro Paese, viene lasciata a frammenti del mondo cattolico, al volontariato o alla scuola.

Ma, anche se lasciata quasi del tutto sola, la scuola non può e non deve permettere il linciaggio mediatico che sta abbattendosi oggi su Rom e romeni, o sui migranti in generale.
La sola speranza di integrazione, e di un futuro di pace in Italia, è lasciata alla scuola.
Occorre che tutti ne tengano conto.