Allarme dai dati Svimez: a tre anni dalla laurea
il 46% è disoccupato
In dieci anni è quadruplicato il numero di chi si sposta in cerca di
occupazione
Laureati, i nuovi emigranti.
Al Sud non trovano lavoro.
"Due pesi e due misure, in questo governo c'è
chi ha interesse a farci chiudere"
Tullia Fabiani, la Repubblica
del 15/11/2007
A tre anni dalla laurea
la disoccupazione. E se il lavoro c'è, è atipico e per pochi:
privilegiati, benestanti e raccomandati. In questi casi si resta,
negli altri si va. Da Sud a Nord: altra città, altra casa, altra vita.
Si diventa emigranti, con una laurea in valigia e la speranza di farne
buon uso.
Per i neolaureati meridionali mancano alternative; le partenze negli
ultimi anni sono triplicate; mentre chi resta si affida a conoscenze e
raccomandazioni per cercare lavoro.
Le cause? Diverse e complesse, ma in primo piano ci sono la scarsa
mobilità sociale, la mancata ripresa economica e il sistema
scolastico.
È quanto sostiene una ricerca della Svimez, (Associazione per lo
sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno), che prende in esame la
mobilità territoriale, la condizione professionale e occupazionale dei
laureati meridionali a tre anni dalla laurea. Nel lavoro pubblicato
sul quaderno "I laureati del Mezzogiorno: una risorsa sottoutilizzata
o dispersa" e condotto su dati Istat dai professori Mariano D'Antonio
e Margherita Scarlato dell'Università di Roma Tre, si legge infatti
che la forbice sociale tra giovani dei ceti alti e bassi nel
Mezzogiorno è frutto di un "sistema di istruzione che contribuisce
soprattutto ad amplificare la distanza tra aree ricche ed aree
povere". Mentre "dovrebbe compensare gli svantaggi di partenza
portando allo stesso livello figli di famiglie di diverso reddito e
grado di istruzione".
Emigrazioni in crescita.
Nel 2004, a tre anni dalla laurea, il 46,4 per cento dei laureati
meridionali che hanno studiato al Sud e si sono laureati in corso è
disoccupato. Disoccupato anche il 43,3 per cento dei laureati con il
massimo dei voti a fronte del 30,8 per cento del Centro-Nord, dove
oltre l'80 per cento dei laureati fuori corso da più di tre anni ha
comunque trovato un'occupazione.
Si spiegano così gli altri dati che indicano un progressivo incremento
delle emigrazioni: nel 1992 i giovani meridionali che emigravano al
Nord dopo la laurea erano il 6 per cento; nel 2001 sono diventati il
22 per cento. In valori assoluti, da 1.732 a 9.899 laureati e tra
questi più ingegneri ed economisti. Ma la crescita ha riguardato anche
i giovani che hanno scelto il Centro-Nord per frequentare
l'Università: in percentuale, erano un terzo (pari a 6.618 studenti)
nel 1992, sono saliti al 60 per cento (10.539 unità) nove anni dopo.
Rimane invece molto bassa la quota di studenti che dal Centro-Nord si
sposta al Sud per studiare: nel 2001 sono stati soltanto 779.
"Nel Mezzogiorno il mercato del lavoro è opaco, molto più di quanto lo
sia a livello nazionale - nota Margherita Scarlato, docente di
Economia dello sviluppo all'Università di Roma Tre - l'accesso non
meritocratico al lavoro è più forte. E non è solo un problema di
stagnazione economica. Laddove è carente la qualità dell'istruzione
scolastica infatti è molto più determinante il ruolo della famiglia.
Perciò l'origine sociale e territoriale continua a determinare
fortemente l'accesso all'istruzione, il rendimento, e la collocazione
nel mondo del lavoro".
La forbice sociale.
I dati analizzati mostrano la differenza delle opportunità: fra i
laureati meridionali sono soprattutto i figli di dirigenti (22,7 per
cento) e di liberi professionisti (23,6 per cento) a laurearsi in
corso. Inoltre sono soprattutto i 'figli dì a laurearsi nel
Centro-Nord (20,9 per cento) o a trasferirsi dopo aver studiato al Sud
(24,2 per cento), favorendo così le migliori possibilità di crescita
professionale. "Servono interventi rigorosi di inclusione sociale per
evitare che i giovani restino ai margini - ribadisce la professoressa
- altrimenti non ci saranno davvero limiti alle emigrazioni. Chi
emigra lo fa per necessità, per avere una possibilità di crescita e di
lavoro, e nella maggior parte dei casi non è una scelta privata".
Il discorso vale per la Campania, regione con la più forte migrazione
di neolaureati: un valore nel 2001 pari al 21,3 per cento del totale
dei laureati (erano il 15,2 nel 1998); vale per la Calabria (18,3) e
per Puglia e Sicilia (pari entrambe a 17,4 per cento). Minore invece
la propensione al trasferimento per i molisani (12,9) e gli abruzzesi
(13,2).
E per chi sceglie di restare? Lavoro atipico, spesso frutto della rete
di conoscenze. Secondo l'indagine, se si è figli di dirigenti e
imprenditori ci si affida ad amici, conoscenti e parenti per la
ricerca dell'impiego (tra il 37 e il 41 per cento dei casi), più di
quanto facciano altri lavoratori autonomi (22-25 per cento). Ma in
questi casi la distanza tra Nord e Sud si accorcia: anche al Nord i
figli di dirigenti e imprenditori si rivolgono a canali informali. E
anche là i contratti li fanno a progetto.