Indagine del consorzio AlmaLaurea sulla
situazione dei laureati umanisti
Aumentano stage e fuori corso, ancora limitate le esperienze
all'estero
Precarietà e stipendi modesti.
Ma dopo cinque anni si lavora.
Daniele Semeraro, la Repubblica
4/5/2007
ROMA - Quanto sono
appetibili, al giorno d'oggi, le facoltà di Lettere e Filosofia? E
quali sono le caratteristiche e le condizioni occupazionali dei
laureati, ad esempio, in Lingue, Scienze della comunicazione,
Filosofia, Dams, Storia, Lettere, Conservazione dei beni culturali? A
queste domande rispondono due indagini del Consorzio
Interuniversitario AlmaLaurea presentate questa mattina a Palermo.
Tra i dati più significativi c'è da notare che l'affacciarsi
all'università di giovani provenienti da fasce di popolazione meno
favorite non si riscontra nei corsi umanistici, mentre emergono
aspetti non incoraggianti: l'accentuarsi del fenomeno dei fuori corso,
la limitata partecipazione alle esperienze di studio all'estero e la
quota elevatissima di chi vuole continuare la formazione anche dopo la
laurea. Aumentano, e qui c'è qualche buona notizia, anche gli studenti
che frequentano le lezioni, che fanno esperienze di tirocini e stage e
che hanno conoscenze informatiche e della lingua inglese maggiori
rispetto ai colleghi che li hanno preceduti.
Frequenza alle lezioni. A Scienze della comunicazione, unica branca di
Lettere e Filosofia, si allarga la fascia di ragazzi che provengono da
famiglie dove la laurea non è mai entrata. Non è così, invece, negli
altri percorsi di studio "dove probabilmente - si legge nel rapporto -
una famiglia più attrezzata culturalmente alle spalle agevola scelte
formative che hanno esiti occupazionali rinviati nel tempo". La
frequenza alle lezioni non è molto alta, anzi è tra le più basse
rispetto alla media nazionale di 52,5 per cento: si va da circa 41
laureati su 100 che hanno frequentato almeno i tre quarti degli
insegnamenti previsti al Dams a 55 su cento per Lingue.
Età dei laureati. Curioso vedere come, per i ragazzi del vecchio
ordinamento, l'età media dei laureati metta in luce un considerevole
divario tra i più veloci (i laureati in Scienze della comunicazione
che si laureano a 25,5 anni, ben al di sotto della media nazionale) e
i più lenti (i laureati in Storia, che conseguono il titolo a 30,5
anni e quelli in Filosofia, che escono dall'università a 29,3 anni).
Per quanto riguarda il voto di laurea, si passa, per i laureati del
vecchio ordinamento, da un minimo di 105,8 (Scienze della
comunicazione) ai massimi di 109,1 e 109,2 (Storia e Filosofia).
Sbocchi occupazionali. Ciò che emerge con più evidenza è che,
trattandosi di lauree generaliste, gli sbocchi occupazionali sono
apprezzabili nel medio periodo, quindi dopo circa cinque anni. Rimane
per una quota rilevante di laureati, soprattutto per quelli che hanno
trovato sbocco nel pubblico impiego, il problema cruciale della
precarietà e la difficoltà dovuta a bassi guadagni. Generalmente, le
lauree umanistiche sono considerate deboli dal punto di vista del
mercato del lavoro: nel contesto occupazionale del nostro paese,
infatti, gli umanisti avvertono più difficoltà, più che nella ricerca
del lavoro, nella stabilità del posto e nello stipendio.
A un anno dalla laurea lavora il 52,4 per cento dei laureati. I
percorsi che più danno lavoro immediato sono il Dams, Storia, Lingue e
Scienze della Comunicazione, anche se c'è da dire che i laureati in
Storia, Filosofia, Dams e Lettere conoscono il mondo del lavoro già
durante gli studi universitari.
"Il profilo che ne esce - commenta Andrea Cammelli, direttore del
Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea e docente all'università di
Bologna - è quello di un laureato più impegnato negli studi, che ha
nel proprio bagaglio formativo esperienze di stage e tirocini, con
maggiori conoscenze delle lingue e dell'informatica, ma anche un
laureato che sta accumulando ritardi e che è più esigente nei
confronti dell'offerta formativa dell'università riformata".
"Nel medio periodo di cinque anni - continua Cammelli - la condizione
occupazionale è migliore di quella solitamente associata alle lauree
deboli. Certo, rimane il problema della precarietà, dovuto agli
sbocchi prevalenti nell'insegnamento e nel pubblico impiego, e di
stipendi modesti".
"Il tema del senso e della funzione dei saperi umanistici in un
momento di grave crisi dell'Università - spiega Giovanni Ruffino,
preside di Lettere all'ateneo di Palermo - è al centro del convegno "I
saperi umanistici nell'Università che cambia" al quale prendono parte
in questi giorni grandi personalità tra cui filosofi, storici,
sociologi, studiosi di letterature e beni culturali, storici dell'arte
e archeologi".
L'indagine AlmaLaurea, nella parte prettamente accademica, ha
coinvolto oltre 32mila persone laureatesi nel 2005 in 38 atenei e
rappresenta circa il 70 per cento dei laureati umanisti nell'intero
sistema universitario italiano. Per quanto riguarda la parte del
lavoro, invece, sono stati interpellati 13.617 laureati con il vecchio
ordinamento e 2,769 laureati del nuovo.