Alla vigilia degli scrutini finali, esplode la polemica.
In campo ci sono due tesi contrapposte.

Salvezza appesa al voto di religione.

In alcune scuole serve per fare media e promuovere gli alunni

da Italia Oggi dell'1/5/2007

 

Il voto espresso dall'insegnante di religione cattolica, in sede di scrutinio finale degli alunni che si sono avvalsi di quell'insegnamento, non può fare media ai fini della promozione. Se il giudizio è determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale. Anzi no: se l'alunno rischia di essere bocciato può benissimo essere promosso grazie alla religione. La controversia sulla rilevanza del voto dell'insegnante di religione cattolica è riesplosa a un mese dagli scrutini finali. A riaccendere la miccia, a un filone sempre incandescente, è stata la Flc, il sindacato scuola e università della Cgil, che ha denunciato pressioni indebite che sarebbero state esercitate in alcune scuole perché il voto di religione fosse determinante ai fini della promozione, decretando il passaggio alla classe successiva oppure l'ammissione all'esame di maturità. Le pressioni sarebbero state esercitate prendendo a modello alcune pronunce dei Tribunali regionali amministrativi, che hanno stabilito che il voto dell'insegnante di religione deve essere conteggiato, anche se determinante.

La norma, che parla di giudizio motivato, è prevista dall'Intesa tra l'autorità scolastica italiana e la Conferenza episcopale italiana del 16 dicembre 1985, come modificata il 23 giugno 1990 (dpr di recezione n. 202/1990). Secondo queste pronunce, avrebbe solo inteso responsabilizzare maggiormente l'insegnante di religione, richiedendogli di aggiungere una motivazione da iscrivere a verbale, quando il suo voto è determinante per la sorte scolastica di un alunno. Valga per tutti il Tar della Puglia (Lecce), sez. I, 5 gennaio 1994, n. 5, che si è così espresso sull'argomento: 'In sede di esami e scrutini il voto del docente di religione, ove determinante, deve essere espresso a mezzo di un giudizio motivato, che ha però carattere decisionale e costitutivo della maggioranza'. La sentenza diede spunto a un'interrogazione parlamentare, alla quale il 29 novembre 1995 il ministro della pubblica istruzione Giancarlo Lombardi (cattolico, governo Dini) rispose affermando che la normativa deve essere interpretata 'nel senso che quando il voto dei docenti (di religione) diviene determinante, esso deve trasformarsi in un giudizio motivato che non rientra nel conteggio'. In sostanza, il ministro attribuì al verbo 'utilizzato' il suo significato letterale, che tutti i dizionari riportano, di: 'Subire un processo di trasformazione', 'passare da uno stato a un altro'. Come il bruco diviene (si trasforma) in farfalla, perdendo le primitive caratteristiche, così il voto dell'insegnante di religione, se determinante, diviene (si trasforma in) un giudizio motivato, perdendo la sua originaria qualità di voto.

L'orientamento dei Tar (le sentenze, peraltro non tutte univoche, si sono susseguite fino a tempi recentissimi) è condiviso dalle associazioni degli insegnanti di religione cattolica, dagli uffici scuola diocesani, da altri organismi e associazioni. I ricorsi, per altro, sono stati proposti da insegnanti di religione oltre che da quanti, soprattutto genitori, non sono rimasti soddisfatti dalla gestione degli scrutini finali.Ma quando è determinante il voto dell'insegnante di religione? Premesso che, in caso di parità di voti, il regolamento scolastico prevede che prevalga la proposta di ammissione o di non ammissione votata dal presidente del consiglio di classe, il voto dell'insegnante di religione è determinante, quando (sempre nel caso di parità) coincide con quello dato dal presidente. Nel caso di un solo voto di scarto tra i sì e i no, è determinante solo quando l'insegnante di religione ha votato con la maggioranza e il presidente con la minoranza. In questi due casi, secondo la norma, così come da allora applicata dopo l'interpretazione data dall'amministrazione centrale per bocca del ministro Lombardi, il voto non va conteggiato.

Sull'altro versante, però, secondo alcuni Tar, che danno della norma un'interpretazione diversa, sì. Anche quest'anno, allora, al verbo divenire sarà attribuito il suo significato letterale, in alcune scuole, mentre in altre si preferirà quello che i Tar hanno nel frattempo elaborato.

Con buona pace della parità di trattamento giuridico degli alunni.